L’intervento presenta una rilettura pedagogica degli esiti di una ricerca qualitativa sull’impatto e il funzionamento del laboratorio teatrale condotto dall’associazione Puntozero all’interno del carcere minorile “C. Beccaria” di Milano (Barone et alii, 2022). A partire dai risultati di ricerca, il contributo riflette sul potere pedagogico della parola (Freire,1972) e sulla particolare modalità di dare voce ai ragazzi detenuti che la proposta teatrale in carcere apparecchia. Il teatro in carcere, infatti, si rivela uno strumento utile a fare spazio alla possibilità di prendere parola da parte dei giovani autori di reato. Questo elemento diventa di particolare rilievo pedagogico laddove si riconosce l’adolescenza come fase in cui il soggetto acquisisce la possibilità di “dire di sé” (Fabbrini, Melucci, 1992) e, dunque, si attribuisce alla parola un potere di riconoscimento e di scoperta di sé capace di modificare la consapevolezza dell’individuo. Nel caso di adolescenti ristretti, la cui storia è quasi sempre segnata da esperienze esistenziali, relazionali e scolastiche faticose, “dare la parola” può costituire la chiave per rendere possibile ai ragazzi una ricomprensione che apre al cambiamento. All’interno di un IPM, la possibilità di prendere la parola per un adolescente può dunque rappresentare un’occasione dal valore formativo ancora più significativo rispetto al mandato rieducativo della pena. Il teatro in carcere, inoltre, fa fare esperienza del “prendere parola” in due modi particolari: da un lato, il potere della parola teatrale è quello di una “parola incorpata” (Barone, 2020; Varela et alii, 1992), una parola, cioè, vissuta, immersa nell’esperienza e che pertanto può essere compresa in modo vivo dai ragazzi. Dall’altro, il teatro in carcere come pratica incorpata permette, attraverso la performance, di prendere parola nello spazio pubblico. In questo senso, dare parola al soggetto attraverso la performance modifica non solo la capacità espressiva dei ragazzi detenuti, ma anche il loro posizionamento nella struttura sociale. Nella sua particolare configurazione, infatti, il progetto Puntozero ingaggia degli adolescenti detenuti, rappresentanti di una categoria associata allo stato di minorità sociale e privata del diritto di parola nello spazio pubblico, e, grazie al medium del teatro e al cerchio magico del suo spazio di gioco li trasforma in attori sociali protagonisti ricollocandoli sulla e imponendoli alla scena pubblica della città. In tal modo, il teatro diviene dispositivo educativo ed espediente per una rinascita sociale che restituisce parola pubblica ai minori autori di reato, concretizzando il loro percorso rieducativo e di inclusione sociale nell’immanenza del qui e ora.
Berni, V. (2024). Parola liberata, parola liberante: riflessioni pedagogiche sul potere di “dare voce” ai ragazzi detenuti tramite la proposta teatrale in carcere minorile. In Dare la parola: professionalità pedagogiche, educative e formative. A 100 anni dalla nascita di don Milani. (pp.428-432). Pensa Multimedia.
Parola liberata, parola liberante: riflessioni pedagogiche sul potere di “dare voce” ai ragazzi detenuti tramite la proposta teatrale in carcere minorile
Berni, V
2024
Abstract
L’intervento presenta una rilettura pedagogica degli esiti di una ricerca qualitativa sull’impatto e il funzionamento del laboratorio teatrale condotto dall’associazione Puntozero all’interno del carcere minorile “C. Beccaria” di Milano (Barone et alii, 2022). A partire dai risultati di ricerca, il contributo riflette sul potere pedagogico della parola (Freire,1972) e sulla particolare modalità di dare voce ai ragazzi detenuti che la proposta teatrale in carcere apparecchia. Il teatro in carcere, infatti, si rivela uno strumento utile a fare spazio alla possibilità di prendere parola da parte dei giovani autori di reato. Questo elemento diventa di particolare rilievo pedagogico laddove si riconosce l’adolescenza come fase in cui il soggetto acquisisce la possibilità di “dire di sé” (Fabbrini, Melucci, 1992) e, dunque, si attribuisce alla parola un potere di riconoscimento e di scoperta di sé capace di modificare la consapevolezza dell’individuo. Nel caso di adolescenti ristretti, la cui storia è quasi sempre segnata da esperienze esistenziali, relazionali e scolastiche faticose, “dare la parola” può costituire la chiave per rendere possibile ai ragazzi una ricomprensione che apre al cambiamento. All’interno di un IPM, la possibilità di prendere la parola per un adolescente può dunque rappresentare un’occasione dal valore formativo ancora più significativo rispetto al mandato rieducativo della pena. Il teatro in carcere, inoltre, fa fare esperienza del “prendere parola” in due modi particolari: da un lato, il potere della parola teatrale è quello di una “parola incorpata” (Barone, 2020; Varela et alii, 1992), una parola, cioè, vissuta, immersa nell’esperienza e che pertanto può essere compresa in modo vivo dai ragazzi. Dall’altro, il teatro in carcere come pratica incorpata permette, attraverso la performance, di prendere parola nello spazio pubblico. In questo senso, dare parola al soggetto attraverso la performance modifica non solo la capacità espressiva dei ragazzi detenuti, ma anche il loro posizionamento nella struttura sociale. Nella sua particolare configurazione, infatti, il progetto Puntozero ingaggia degli adolescenti detenuti, rappresentanti di una categoria associata allo stato di minorità sociale e privata del diritto di parola nello spazio pubblico, e, grazie al medium del teatro e al cerchio magico del suo spazio di gioco li trasforma in attori sociali protagonisti ricollocandoli sulla e imponendoli alla scena pubblica della città. In tal modo, il teatro diviene dispositivo educativo ed espediente per una rinascita sociale che restituisce parola pubblica ai minori autori di reato, concretizzando il loro percorso rieducativo e di inclusione sociale nell’immanenza del qui e ora.File | Dimensione | Formato | |
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