Nel contributo si discutono alcune dimensioni che hanno caratterizzato positivamente una ricerca qualitativa child-centered. Con questa espressione vogliamo fare riferimento a una tipologia di ricerca che in tutte le sue fasi, dalla pianificazione alla restituzione finale, è costruita con l’obiettivo di coinvolgere bambini e bambine sulle tematiche oggetto di studio (Hill, 2006), rendendo così i partecipanti protagonisti attivi della ricerca, a differenza di quanto troppo spesso accade in ricerche che si limitano a indagare la condizione infantile “a distanza”. Infatti, in numerosi studi sull’infanzia si riscontra il cosiddetto paradosso del “bambino scomparso” (Darbyshire, 2000): l’approccio dominante prevede di rivolgersi agli adulti, siano essi i genitori, gli insegnanti, gli educatori, gli allenatori, oppure, di prediligere come modalità di studio l’osservazione partecipante. Il rischio che ne deriva è la tendenza a imporre interpretazioni adult-centered e a trascurare un aspetto chiave legato al “fare ricerca”: se si progettano ricerche senza prevedere un coinvolgimento diretto di bambini/e, quale significato assumeranno queste stesse ricerche per gli/le esclusi/e? Quali le ricadute per coloro che dovrebbero essere protagonisti e insieme destinatari delle ricerche psicosociali? Nello specifico della ricerca qui presentata (Pirovano e Gritti, 2009), l’interesse era rivolto a esplorare attraverso dei focus group la rappresentazione sociale dei generi (Duveen, 1993) in un gruppo di bambine e bambini frequentanti le classi terze, quarte e quinte della scuola primaria. Ben sapendo che coinvolgere minori in una ricerca implica dover adottare importanti cautele metodologiche ed etiche (Fargas-Malet et al., 2010), si è deciso di condurre la ricerca nel paese di provenienza di una delle ricercatrici del gruppo di ricerca, un comune di media grandezza della Provincia di Milano. La ricercatrice era già ben inserita nel territorio di residenza, nota agli abitanti e anche all’ambiente scolastico. L’appartenenza allo stesso “macro-contesto” ha permesso di ottenere più facilmente la fiducia dei genitori e dei partecipanti ai gruppi, che hanno riconosciuto un volto già noto nella “nuova veste” di ricercatrice e di moderatrice dei focus group. Un altro vantaggio ha riguardato il poter disporre per lo svolgimento dei focus group di una sala della Biblioteca Comunale, un luogo istituzionale, che ha contributo ad aggiungere valore al prendere parte alla ricerca (oltre ad essere un posto facilmente raggiungibile e conosciuto dalla maggior parte dei partecipanti). La ricercatrice ha inoltre potuto contattare personalmente i potenziali partecipanti in quelli che sapeva essere i luoghi tipici di ritrovo del paese: all’uscita da scuola, nei parchetti e in oratorio. La scelta dei partecipanti (ventuno bambini/e, con un’età compresa tra gli otto e i dieci anni) ha volutamente privilegiato i legami di conoscenza esistenti, scelta che oltre a essere raccomandata in letteratura quando si utilizza il focus group con i minori, ha contribuito a fare in modo che le tematiche oggetto di dibattito non rimanessero confinate al momento della rilevazione. La conoscenza prodotta in quel contesto di gruppo, anche per la riconoscibilità del tema nel quotidiano, ha infatti continuato a svilupparsi in altre occasioni d’incontro (al contrario di quanto avviene nei gruppi formati ad hoc i cui partecipanti difficilmente avranno la possibilità di rincontrarsi al termine della rilevazione). Concludendo, crediamo che un’esperienza di ricerca qualitativa child-centered come quella descritta possa essere considerata un esempio di ricerca situata che produce conoscenza situata, ossia una conoscenza in grado di attivare un contesto e di coinvolgerlo anche al di là del momento della rilevazione.

Gritti, A., Camussi, E. (2011). Fare ricerca child-centered: riflessioni a partire da un'esperienza con bambini/e della scuola primaria. Intervento presentato a: Convegno sulla rilevanza sociale della ricerca in psicologia, Parma.

Fare ricerca child-centered: riflessioni a partire da un'esperienza con bambini/e della scuola primaria

GRITTI, ALICE;CAMUSSI, ELISABETTA
2011

Abstract

Nel contributo si discutono alcune dimensioni che hanno caratterizzato positivamente una ricerca qualitativa child-centered. Con questa espressione vogliamo fare riferimento a una tipologia di ricerca che in tutte le sue fasi, dalla pianificazione alla restituzione finale, è costruita con l’obiettivo di coinvolgere bambini e bambine sulle tematiche oggetto di studio (Hill, 2006), rendendo così i partecipanti protagonisti attivi della ricerca, a differenza di quanto troppo spesso accade in ricerche che si limitano a indagare la condizione infantile “a distanza”. Infatti, in numerosi studi sull’infanzia si riscontra il cosiddetto paradosso del “bambino scomparso” (Darbyshire, 2000): l’approccio dominante prevede di rivolgersi agli adulti, siano essi i genitori, gli insegnanti, gli educatori, gli allenatori, oppure, di prediligere come modalità di studio l’osservazione partecipante. Il rischio che ne deriva è la tendenza a imporre interpretazioni adult-centered e a trascurare un aspetto chiave legato al “fare ricerca”: se si progettano ricerche senza prevedere un coinvolgimento diretto di bambini/e, quale significato assumeranno queste stesse ricerche per gli/le esclusi/e? Quali le ricadute per coloro che dovrebbero essere protagonisti e insieme destinatari delle ricerche psicosociali? Nello specifico della ricerca qui presentata (Pirovano e Gritti, 2009), l’interesse era rivolto a esplorare attraverso dei focus group la rappresentazione sociale dei generi (Duveen, 1993) in un gruppo di bambine e bambini frequentanti le classi terze, quarte e quinte della scuola primaria. Ben sapendo che coinvolgere minori in una ricerca implica dover adottare importanti cautele metodologiche ed etiche (Fargas-Malet et al., 2010), si è deciso di condurre la ricerca nel paese di provenienza di una delle ricercatrici del gruppo di ricerca, un comune di media grandezza della Provincia di Milano. La ricercatrice era già ben inserita nel territorio di residenza, nota agli abitanti e anche all’ambiente scolastico. L’appartenenza allo stesso “macro-contesto” ha permesso di ottenere più facilmente la fiducia dei genitori e dei partecipanti ai gruppi, che hanno riconosciuto un volto già noto nella “nuova veste” di ricercatrice e di moderatrice dei focus group. Un altro vantaggio ha riguardato il poter disporre per lo svolgimento dei focus group di una sala della Biblioteca Comunale, un luogo istituzionale, che ha contributo ad aggiungere valore al prendere parte alla ricerca (oltre ad essere un posto facilmente raggiungibile e conosciuto dalla maggior parte dei partecipanti). La ricercatrice ha inoltre potuto contattare personalmente i potenziali partecipanti in quelli che sapeva essere i luoghi tipici di ritrovo del paese: all’uscita da scuola, nei parchetti e in oratorio. La scelta dei partecipanti (ventuno bambini/e, con un’età compresa tra gli otto e i dieci anni) ha volutamente privilegiato i legami di conoscenza esistenti, scelta che oltre a essere raccomandata in letteratura quando si utilizza il focus group con i minori, ha contribuito a fare in modo che le tematiche oggetto di dibattito non rimanessero confinate al momento della rilevazione. La conoscenza prodotta in quel contesto di gruppo, anche per la riconoscibilità del tema nel quotidiano, ha infatti continuato a svilupparsi in altre occasioni d’incontro (al contrario di quanto avviene nei gruppi formati ad hoc i cui partecipanti difficilmente avranno la possibilità di rincontrarsi al termine della rilevazione). Concludendo, crediamo che un’esperienza di ricerca qualitativa child-centered come quella descritta possa essere considerata un esempio di ricerca situata che produce conoscenza situata, ossia una conoscenza in grado di attivare un contesto e di coinvolgerlo anche al di là del momento della rilevazione.
abstract + slide
ricerca child-centered; focus group con minori
Italian
Convegno sulla rilevanza sociale della ricerca in psicologia
2011
2011
none
Gritti, A., Camussi, E. (2011). Fare ricerca child-centered: riflessioni a partire da un'esperienza con bambini/e della scuola primaria. Intervento presentato a: Convegno sulla rilevanza sociale della ricerca in psicologia, Parma.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10281/20383
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