La proposta ruota intorno a due principali presupposti teorici: la necessità di precisare il contributo della pedagogia per promuovere la salute mentale (Fadda, 1997; Palmieri, 2015; Gambacorti-Passerini, 2016)) e l’importanza di tale apporto per sostenere il benessere dei/delle giovani (Malti & Noam, 2009) che si trovano nel passaggio tra adolescenza ed età adulta. La salute mentale (Saraceno, 1995) è una variabile fondamentale per il benessere di qualsiasi soggetto, in ogni fase della vita (WHO, 2005; UE, 2014). Vi sono, però, nel corso dell’esistenza umana, alcuni momenti che richiedono un’attenzione specifica in ottica di promozione della salute e di prevenzione del disagio. Uno di questi, all’interno del contesto occidentale, è l’adolescenza (Ogden & Amlund-Hagen, 2014), con particolare riferimento alla transizione verso l’età adulta. Essa si configura, infatti, come stagione complessa della vita, che pone la sfida educativa di una trasformazione alla ricerca della propria identità (Erikson, 1956), verso la definizione di sé come persona adulta (Barone, 2015). Guardando al contesto europeo, la popolazione giovanile è chiamata oggi ad affrontare il proprio “divenire adulta” in condizioni problematiche. Con peculiarità legate ai diversi territori di appartenenza, la gioventù si trova a fronteggiare fattori che possono essere letti come indicatori di crescente e diffuso disagio: le attuali condizioni socio-economiche globali e locali stanno tratteggiando un panorama in cui diventa difficoltoso prefigurare e progettare un percorso professionale, una famiglia, come pure, in senso lato, la stessa possibilità di diventare adulti (Xie, Sen & Foster, 2014). Tali condizioni possono mettere a rischio la salute mentale in particolare quando associate a condizioni di povertà socioeconomica e culturale, a dimensioni di genere, a esperienze di disuguaglianza sociale (West, 2016). Nell’intreccio di questi fattori i giovani rischiano di crescere dando per scontata la presenza di un “certo disagio” in qualche modo “imparando a stare male” (Palmieri, 2012): tutto ciò influisce fortemente sul loro percorso educativo. I professionisti dell’educazione si trovano a poter svolgere un ruolo cruciale (Barone, 2005) sia nell’intercettare i segnali di un possibile malessere nei giovani che incontrano sia nell’agire in modo da prevenirlo. Sulla base di questi presupposti, la proposta mira a costruire un progetto di ricerca volto a far emergere e sviluppare nei pratici la consapevolezza circa l’importante contributo che le professionalità educative possono offrire nell’intercettare e comprendere i segnali di malessere nei giovani e nella promozione della salute mentale in adolescenza (Brambilla & Palmieri, 2010), nei contesti educativi formali e non.
Gambacorti Passerini, M., Brambilla, L. (2017). Transitare dall’adolescenza all’età adulta: il contributo dell’educazione per promuovere la salute mentale nei giovani.. Intervento presentato a: Giornata dei Poster della Ricerca 2017 -Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione "Riccardo Massa", Milano.
Transitare dall’adolescenza all’età adulta: il contributo dell’educazione per promuovere la salute mentale nei giovani.
Gambacorti Passerini, MB;BRAMBILLA, LISA
2017
Abstract
La proposta ruota intorno a due principali presupposti teorici: la necessità di precisare il contributo della pedagogia per promuovere la salute mentale (Fadda, 1997; Palmieri, 2015; Gambacorti-Passerini, 2016)) e l’importanza di tale apporto per sostenere il benessere dei/delle giovani (Malti & Noam, 2009) che si trovano nel passaggio tra adolescenza ed età adulta. La salute mentale (Saraceno, 1995) è una variabile fondamentale per il benessere di qualsiasi soggetto, in ogni fase della vita (WHO, 2005; UE, 2014). Vi sono, però, nel corso dell’esistenza umana, alcuni momenti che richiedono un’attenzione specifica in ottica di promozione della salute e di prevenzione del disagio. Uno di questi, all’interno del contesto occidentale, è l’adolescenza (Ogden & Amlund-Hagen, 2014), con particolare riferimento alla transizione verso l’età adulta. Essa si configura, infatti, come stagione complessa della vita, che pone la sfida educativa di una trasformazione alla ricerca della propria identità (Erikson, 1956), verso la definizione di sé come persona adulta (Barone, 2015). Guardando al contesto europeo, la popolazione giovanile è chiamata oggi ad affrontare il proprio “divenire adulta” in condizioni problematiche. Con peculiarità legate ai diversi territori di appartenenza, la gioventù si trova a fronteggiare fattori che possono essere letti come indicatori di crescente e diffuso disagio: le attuali condizioni socio-economiche globali e locali stanno tratteggiando un panorama in cui diventa difficoltoso prefigurare e progettare un percorso professionale, una famiglia, come pure, in senso lato, la stessa possibilità di diventare adulti (Xie, Sen & Foster, 2014). Tali condizioni possono mettere a rischio la salute mentale in particolare quando associate a condizioni di povertà socioeconomica e culturale, a dimensioni di genere, a esperienze di disuguaglianza sociale (West, 2016). Nell’intreccio di questi fattori i giovani rischiano di crescere dando per scontata la presenza di un “certo disagio” in qualche modo “imparando a stare male” (Palmieri, 2012): tutto ciò influisce fortemente sul loro percorso educativo. I professionisti dell’educazione si trovano a poter svolgere un ruolo cruciale (Barone, 2005) sia nell’intercettare i segnali di un possibile malessere nei giovani che incontrano sia nell’agire in modo da prevenirlo. Sulla base di questi presupposti, la proposta mira a costruire un progetto di ricerca volto a far emergere e sviluppare nei pratici la consapevolezza circa l’importante contributo che le professionalità educative possono offrire nell’intercettare e comprendere i segnali di malessere nei giovani e nella promozione della salute mentale in adolescenza (Brambilla & Palmieri, 2010), nei contesti educativi formali e non.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.