‘No place like home’ è l’adagio con cui lo psicologo Renos Papadopulos descriveva la condizione esistenziale e, poi, psicologica del rifugiato e richiedente asilo evidenziando la dimensione spaziale della sofferenza traumatica di queste persone. Nessun luogo è come casa può essere una formula riproducibile per la condizione del giornalista in richiesta di protezione umanitaria. Un sentimento di insicurezza diffusa, di spaesamento e dislocazione psico-emotiva rendono la vita del giornalista in fuga carica di stress e ansia traumatica; segni ai quali possono aggiungersi delle chine di matrice depressiva e persecutoria. Le condizioni psicologiche alle quali queste figure sono sottoposte, contribuiscono a costruire identità fragili, spesso apparentemente prive di competenza e sicurezza che ridisegnano aspetti profondi cogenti per quanto riguarda la salute mentale. Perdita di senso di coerenza (capacità di comprensione, gestione e attribuzione di senso agli eventi che caratterizzano le loro storie), perdita di uno spazio sicuro in cui ritrovare equilibrio sono fattori ingravescenti della salute fisica e mentale dei giornalisti in fuga. Un approccio salutogenico (come suggerito da Antonovsky ) alla questione della protezione psicologica del giornalista in fuga, ci costringe a pensare e potenziare la ricostruzione di spazi psico-emotivi sicuri in cui senso di coerenza e di sicurezza possano fungere da fattori di protezione da derive posttraumatiche. Un modello che veda una attenta ricostruzione delle dimensioni di qualità della vita (WHO) (economica, sociale-relazionale, ambientale e quindi anche psicologica) può contribuire a controllare esperienze potenzialmente traumatiche e, quindi, migliorare la salute mentale del giornalista richiedente protezione. All’opposto, modelli dominanti di matrice psico-biologica, vedono un’ipervalorizzazione della dimensione traumatica (e quindi clinica) che impattando sulla salute mentale del paziente ne ridurrebbe la qualità della vita. Per quanto riguarda la mia esperienza di clinico, avverrebbe esattamente il contrario. La perdita di casa -nella sua accezione più ampia e metaforica- espone il giornalista ad ampi rischi di natura traumatica, intaccandone la salute mentale. Per promuovere, al contrario, una crescita posttraumatica (Richard Tedescchi), dobbiamo lavorare per un miglioramento drastico della qualità della vita e del senso di sicurezza del richiedente protezione. In tal senso, la dimora protetta, diventa quel medium concreto, tangibile in termini di potenziamento di qualità della vita, sul quale si pongono le basi per costruire uno spazio psico-emotivo sicuro, una restituzione di competenza e mastering che promuovano la salute mentale del richiedente, aumentandone i fattori di protezione e riducendo rischi posttraumatici. La dimora protetta diventerebbe casa (seppure temporanea) dalla quali ricostruire e imparare a gestire le sequenze traumatiche che mettono il giornalista richiedente protezione in una condizione di incertezza, ansia e impotenza.

Veronese, G. (2022). Condizioni psicologiche e competenze di sopravvivenza in giornalisti sotto protezione nelle dimore residenziali. Intervento presentato a: Journalists in Residence a Milano, Milano, Italia.

Condizioni psicologiche e competenze di sopravvivenza in giornalisti sotto protezione nelle dimore residenziali

Veronese G.
2022

Abstract

‘No place like home’ è l’adagio con cui lo psicologo Renos Papadopulos descriveva la condizione esistenziale e, poi, psicologica del rifugiato e richiedente asilo evidenziando la dimensione spaziale della sofferenza traumatica di queste persone. Nessun luogo è come casa può essere una formula riproducibile per la condizione del giornalista in richiesta di protezione umanitaria. Un sentimento di insicurezza diffusa, di spaesamento e dislocazione psico-emotiva rendono la vita del giornalista in fuga carica di stress e ansia traumatica; segni ai quali possono aggiungersi delle chine di matrice depressiva e persecutoria. Le condizioni psicologiche alle quali queste figure sono sottoposte, contribuiscono a costruire identità fragili, spesso apparentemente prive di competenza e sicurezza che ridisegnano aspetti profondi cogenti per quanto riguarda la salute mentale. Perdita di senso di coerenza (capacità di comprensione, gestione e attribuzione di senso agli eventi che caratterizzano le loro storie), perdita di uno spazio sicuro in cui ritrovare equilibrio sono fattori ingravescenti della salute fisica e mentale dei giornalisti in fuga. Un approccio salutogenico (come suggerito da Antonovsky ) alla questione della protezione psicologica del giornalista in fuga, ci costringe a pensare e potenziare la ricostruzione di spazi psico-emotivi sicuri in cui senso di coerenza e di sicurezza possano fungere da fattori di protezione da derive posttraumatiche. Un modello che veda una attenta ricostruzione delle dimensioni di qualità della vita (WHO) (economica, sociale-relazionale, ambientale e quindi anche psicologica) può contribuire a controllare esperienze potenzialmente traumatiche e, quindi, migliorare la salute mentale del giornalista richiedente protezione. All’opposto, modelli dominanti di matrice psico-biologica, vedono un’ipervalorizzazione della dimensione traumatica (e quindi clinica) che impattando sulla salute mentale del paziente ne ridurrebbe la qualità della vita. Per quanto riguarda la mia esperienza di clinico, avverrebbe esattamente il contrario. La perdita di casa -nella sua accezione più ampia e metaforica- espone il giornalista ad ampi rischi di natura traumatica, intaccandone la salute mentale. Per promuovere, al contrario, una crescita posttraumatica (Richard Tedescchi), dobbiamo lavorare per un miglioramento drastico della qualità della vita e del senso di sicurezza del richiedente protezione. In tal senso, la dimora protetta, diventa quel medium concreto, tangibile in termini di potenziamento di qualità della vita, sul quale si pongono le basi per costruire uno spazio psico-emotivo sicuro, una restituzione di competenza e mastering che promuovano la salute mentale del richiedente, aumentandone i fattori di protezione e riducendo rischi posttraumatici. La dimora protetta diventerebbe casa (seppure temporanea) dalla quali ricostruire e imparare a gestire le sequenze traumatiche che mettono il giornalista richiedente protezione in una condizione di incertezza, ansia e impotenza.
relazione (orale)
trauma-persecuzione-giornalismo-violenza politica
Italian
Journalists in Residence a Milano
2022
2022
none
Veronese, G. (2022). Condizioni psicologiche e competenze di sopravvivenza in giornalisti sotto protezione nelle dimore residenziali. Intervento presentato a: Journalists in Residence a Milano, Milano, Italia.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10281/397872
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