Di solito, il compito attribuito all’incipit di un’introduzione è quello di fornire al lettore una definizione sintetica ed efficace del principale oggetto di analisi di un testo. Nel caso della smart city l’impresa appare, secondo gli autori, quasi sisifea. L’espressione smart city non rimanda a un concetto universalmente condiviso ma, a partire dagli anni Novanta, è stata generica- mente utilizzata per riferirsi a uno spazio urbano all’interno del quale, grazie alla rivoluzione delle ICT (Information and Communication Technologies), i cittadini possono usufruire di maggiori servizi erogati in tempi rapidi. Se nel villaggio globale teorizzato da McLuhan (1967) la comunicazione era soprattutto unidirezionale dal centro alla periferia, come nel caso della televisione, dei giornali e delle radio, nell’epoca della smart city l’informatica diffusa sembra essere in grado di sviluppare una struttura connettiva multidirezionale che garantisce scambi costanti di dati e una sovrapposizione tra spazi fisici e virtuali (Ratti 2017). Il modello ideale di smart city prevede infatti la diffusione nel tessuto urbano di sensori (quali rilevatori divelocità, videocamere, misuratori dell’aria o del traffico) che sono in grado di registrare informazioni, trasmetterle e, soprattutto, analizzarle attraverso algoritmi. L’interazione di questi sensori con i dati forniti dai cittadini, magari attraverso i loro dispositivi smart di uso quotidiano, garantirebbe una fruizione degli spazi pubblici capace di adattarsi in tempo reale alle esigenze degli utenti. In questo senso, la smartness2 delle città migliorerebbe la vita degli abitanti in diversi ambiti (Mosannenzadeh, Vettorato 2014; Papa, Gargiulo, Battara 2016)): dalla mobilità e trasporto pubblico alla gestione e distribuzione dell’energia, dalla sicurezza alla gestione ambientale e alla comunicazione.
D'Orsi, L., Rimoldi, L. (2022). Etnografie delle/nelle smart city: un’introduzione. In L. D'Orsi, L. Rimoldi (a cura di), Etnografie delle smart city. Abitare, relazionarsi e protestare nelle città intelligenti italiane (pp. 23-43). Milano : Ledizioni.
Etnografie delle/nelle smart city: un’introduzione
Rimoldi, L
2022
Abstract
Di solito, il compito attribuito all’incipit di un’introduzione è quello di fornire al lettore una definizione sintetica ed efficace del principale oggetto di analisi di un testo. Nel caso della smart city l’impresa appare, secondo gli autori, quasi sisifea. L’espressione smart city non rimanda a un concetto universalmente condiviso ma, a partire dagli anni Novanta, è stata generica- mente utilizzata per riferirsi a uno spazio urbano all’interno del quale, grazie alla rivoluzione delle ICT (Information and Communication Technologies), i cittadini possono usufruire di maggiori servizi erogati in tempi rapidi. Se nel villaggio globale teorizzato da McLuhan (1967) la comunicazione era soprattutto unidirezionale dal centro alla periferia, come nel caso della televisione, dei giornali e delle radio, nell’epoca della smart city l’informatica diffusa sembra essere in grado di sviluppare una struttura connettiva multidirezionale che garantisce scambi costanti di dati e una sovrapposizione tra spazi fisici e virtuali (Ratti 2017). Il modello ideale di smart city prevede infatti la diffusione nel tessuto urbano di sensori (quali rilevatori divelocità, videocamere, misuratori dell’aria o del traffico) che sono in grado di registrare informazioni, trasmetterle e, soprattutto, analizzarle attraverso algoritmi. L’interazione di questi sensori con i dati forniti dai cittadini, magari attraverso i loro dispositivi smart di uso quotidiano, garantirebbe una fruizione degli spazi pubblici capace di adattarsi in tempo reale alle esigenze degli utenti. In questo senso, la smartness2 delle città migliorerebbe la vita degli abitanti in diversi ambiti (Mosannenzadeh, Vettorato 2014; Papa, Gargiulo, Battara 2016)): dalla mobilità e trasporto pubblico alla gestione e distribuzione dell’energia, dalla sicurezza alla gestione ambientale e alla comunicazione.File | Dimensione | Formato | |
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