La notte del 9 ottobre 1963, in un angolo di mondo tra Veneto e Friuli-Venezia Giulia, si consumò un vero e proprio genocidio: un’enorme frana cadde nel bacino della diga del Vajont e l’onda generata spazzò via le comunità di Erto e Longarone insieme ai loro luoghi di vita. Fu all’interno di una complessa rete di poteri economici e politici che ebbe luogo questa “catastrofe umana, che fu anche una catastrofe della continuità storica” . L’area fu stravolta in modo drastico da quanto avvenne quella notte, ma già da qualche anno erano in corso importanti trasformazioni. Il boom economico che avrebbe cambiato il volto dell’Italia intera, alla ricerca del “progresso” e dell’industrializzazione, stava anche qui portando a quella che Pasolini definì “la scomparsa delle lucciole” . L’onda accelerò il processo. L’innesto di un sistema di infrastrutture idroelettriche fu presentato come alternativa economica a una crisi del mondo contadino che in realtà contribuì ad alimentare. Attingendo dal mio lavoro etnografico e dalle testimonianze raccolte, in questo intervento cercherò di analizzare la trasformazione della diga del Vajont da infrastruttura veicolo di modernità, rivolta unicamente al futuro, a infrastruttura di memoria, continuo stimolo a rivolgere lo sguardo al passato come monito per i tempi che verranno.
Dal progresso alla memoria – Il caso della diga del Vajont
Calzana, C
Primo
2020
Abstract
La notte del 9 ottobre 1963, in un angolo di mondo tra Veneto e Friuli-Venezia Giulia, si consumò un vero e proprio genocidio: un’enorme frana cadde nel bacino della diga del Vajont e l’onda generata spazzò via le comunità di Erto e Longarone insieme ai loro luoghi di vita. Fu all’interno di una complessa rete di poteri economici e politici che ebbe luogo questa “catastrofe umana, che fu anche una catastrofe della continuità storica” . L’area fu stravolta in modo drastico da quanto avvenne quella notte, ma già da qualche anno erano in corso importanti trasformazioni. Il boom economico che avrebbe cambiato il volto dell’Italia intera, alla ricerca del “progresso” e dell’industrializzazione, stava anche qui portando a quella che Pasolini definì “la scomparsa delle lucciole” . L’onda accelerò il processo. L’innesto di un sistema di infrastrutture idroelettriche fu presentato come alternativa economica a una crisi del mondo contadino che in realtà contribuì ad alimentare. Attingendo dal mio lavoro etnografico e dalle testimonianze raccolte, in questo intervento cercherò di analizzare la trasformazione della diga del Vajont da infrastruttura veicolo di modernità, rivolta unicamente al futuro, a infrastruttura di memoria, continuo stimolo a rivolgere lo sguardo al passato come monito per i tempi che verranno.File | Dimensione | Formato | |
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