Il contributo di Cesare Vaccà inserito nel volume del quale egli è uno dei tre curatori, affronta il tema della qualità della vita nella città: lo sviluppo sostenibile da tempo è al centro di studi che, da prospettive differenti, considerano la qualità –presente e futura- della vita: secondo la teoria della cosiddetta ‘triple bottom line’, una crescita equilibrata dipende, infatti, dalla possibilità di mantenere sotto controllo, ad un tempo, le dinamiche economiche, sociali ed ambientali che, per ragioni diverse, sembrano oggi sfuggire ad ogni tradizionale possibilità di governo. La sostenibilità dello sviluppo comporta scelte che possono porre in discussione le definizioni stesse adottate sin dagli albori dell’economia neoclassica, mentre principi cardine, quali produttività e crescita, assumono connotazioni differenti non potendosi più a lungo ignorare le conseguenze sociali ed ambientali delle scelte di politica economica. Ai rapporti economici non è estranea la felicità, stato d’animo che può prescindere dal benessere economico, se è vero che un individuo può essere più felice di un altro, pur maggiormente benestante, qualora goda di una migliore qualità della vita. La crescita economica, che porta con sé l'incremento del reddito individuale, rappresenta -di regola- l'obiettivo primario di ogni economia nazionale sotteso alle scelte adottate dagli organi di governo e riflesse dai comportamenti e dai sistemi di valori delle persone. Da tempo, tuttavia, è posta in discussione la visione secondo la quale lo sviluppo del reddito pro capite comporti necessariamente maggiore felicità e ben-essere: numerose ricerche effettuate nei Paesi più ricchi mostrano, infatti, che l'aumento dei redditi individuali oltre una data soglia non si associa alla crescita della felicità, diversamente, invece, da quanto accadrebbe qualora ad aumentare fosse il reddito dei Paesi poveri. La misurazione scientifica della felicità, a lungo ritenuta impossibile in quanto elemento soggettivo riposto su valori e stati d'animo individuali, è divenuta un tema proprio della psicologia sociale, che ha iniziato a studiarla interrogandosi su cosa renda 'buona' e ‘di qualità’ la vita. I risultati cui sono pervenuti gli studi sulle relazioni fra reddito e felicità nei Paesi occidentali si devono alla convergenza delle indagini delle neuroscienze e dell'analisi economica: come si riscontra che la felicità non aumenta con l'aumentare del reddito, risulta plausibile affermare che le fonti della felicità destinate a consolidarsi nel tempo siano correlate alla qualità delle relazioni umane, proprio quelle sacrificate poiché scarsamente compatibili con le abitudini di vita asservite al miglioramento della posizione sociale. Se è vero che la felicità individuale dipende in ampia misura da quella altrui, l'economia ha tuttavia trascurato le dimensioni della componente soggettiva del benessere nelle sue analisi sulla ricchezza delle nazioni: a distanza di circa due secoli dalla nozione di ‘pubblica felicità’ elaborata della scuola italiana classica, gli studi economici affrontano il ‘paradosso della felicità’ suggerendo, al contempo, le scelte di politica economica in grado di invertire la tendenza alla decrescente felicità. Il Pil non è più sufficiente a delineare il grado di sviluppo e di ricchezza di un Paese,, ma è il National Well-Being Account leffettivo indice del ben-essere –e, quindi, della felicità- di una nazione. Se è evidente la dimensione pubblica delle ‘politiche per la felicità’ in contrapposizione a quelle di mera crescita del reddito, nondimeno si impone l’interrogativo sull’apporto dei singoli in una economia di mercato al tentativo di spezzare la catena che alimenta la ricchezza a scapito della felicità. La città è il luogo che conferisce all’espressione qualità del vivere le valenze più significative, di regola in senso negativo. Nei centri urbani, ove vive l’ottanta per cento della popolazione mondiale, si giocano oggi due sfide: quella dello sviluppo post industriale, e quella dell’integrazione sociale e culturale dei nuovi cittadini: la difesa dei diritti umani non è più per le società occidentali una scelta etica, ma piuttosto un gesto obbligato, finanche di egoismo, un impegno categorico per l’autoconservazione e, in questa prospettiva, le città possono rappresentare il laboratorio più vivo ed attuale della democrazia e della sussidiarietà. Nel nome della sussidiarietà e della prossimità sono le amministrazioni cittadine a dover porre in essere strumenti giuridici che si differenzino dagli interventi proibitivi –sostanzialmente funzionali al mantenimento dello status quo- optando invece per incentivi e premi: la Carta europea dei diritti umani nella città, adottata a Saint-Denis il 18 maggio 2000, muove in questa direzione, amalgamando un patrimonio di idee e di esperienze sulla dimensione sociale nel contesto urbano che sono, ad un tempo, di matrice liberale, frutto della tensione marxista al riscatto delle classi subalterne, nonché della concezione solidaristica incentrata sul valore della persona, propria della dottrina sociale della Chiesa.. Il rapporto fra i luoghi e chi li abita, la corrispondenza fra spazio e comportamenti, trova il suo punto nevralgico nelle periferie, ove la criminalità è agevolata dalle scelte progettuali: l’architettura che consente alle persone di stare in strada, incontrarsi, disporre di spazi pubblici di aggregazione, affacciarsi ed avere spazi aperti di fronte, rappresenta infatti un naturale ostacolo ai comportamenti criminali. Da sempre le scelte architettoniche hanno un diretto rapporto sui comportamenti individuali e collettivi: un elemento tipico dei centri storici liguri, emiliani, veneti, i portici, favorisce l’aggregazione alla stregua di una propaggine della casa, rendendo possibile che gli incontri consentano lo scambio sociale anche se le condizioni climatiche sono avverse, in un connubio ove si confondono cause ed effetti fra la forma della città ed il modo in cui essa impronta i comportamenti di chi vi vive e la vive.

Vacca', C. (2007). La persona e le regole. In A. Caruso di Spaccaforno, M. Santaroni, C. Vaccà (a cura di), Architettura della città, qualità del vivere. Percorsi, speranza, partecipazione (pp. 214-274). Milano-Genova : Marietti 1820.

La persona e le regole

VACCA', CESARE
2007

Abstract

Il contributo di Cesare Vaccà inserito nel volume del quale egli è uno dei tre curatori, affronta il tema della qualità della vita nella città: lo sviluppo sostenibile da tempo è al centro di studi che, da prospettive differenti, considerano la qualità –presente e futura- della vita: secondo la teoria della cosiddetta ‘triple bottom line’, una crescita equilibrata dipende, infatti, dalla possibilità di mantenere sotto controllo, ad un tempo, le dinamiche economiche, sociali ed ambientali che, per ragioni diverse, sembrano oggi sfuggire ad ogni tradizionale possibilità di governo. La sostenibilità dello sviluppo comporta scelte che possono porre in discussione le definizioni stesse adottate sin dagli albori dell’economia neoclassica, mentre principi cardine, quali produttività e crescita, assumono connotazioni differenti non potendosi più a lungo ignorare le conseguenze sociali ed ambientali delle scelte di politica economica. Ai rapporti economici non è estranea la felicità, stato d’animo che può prescindere dal benessere economico, se è vero che un individuo può essere più felice di un altro, pur maggiormente benestante, qualora goda di una migliore qualità della vita. La crescita economica, che porta con sé l'incremento del reddito individuale, rappresenta -di regola- l'obiettivo primario di ogni economia nazionale sotteso alle scelte adottate dagli organi di governo e riflesse dai comportamenti e dai sistemi di valori delle persone. Da tempo, tuttavia, è posta in discussione la visione secondo la quale lo sviluppo del reddito pro capite comporti necessariamente maggiore felicità e ben-essere: numerose ricerche effettuate nei Paesi più ricchi mostrano, infatti, che l'aumento dei redditi individuali oltre una data soglia non si associa alla crescita della felicità, diversamente, invece, da quanto accadrebbe qualora ad aumentare fosse il reddito dei Paesi poveri. La misurazione scientifica della felicità, a lungo ritenuta impossibile in quanto elemento soggettivo riposto su valori e stati d'animo individuali, è divenuta un tema proprio della psicologia sociale, che ha iniziato a studiarla interrogandosi su cosa renda 'buona' e ‘di qualità’ la vita. I risultati cui sono pervenuti gli studi sulle relazioni fra reddito e felicità nei Paesi occidentali si devono alla convergenza delle indagini delle neuroscienze e dell'analisi economica: come si riscontra che la felicità non aumenta con l'aumentare del reddito, risulta plausibile affermare che le fonti della felicità destinate a consolidarsi nel tempo siano correlate alla qualità delle relazioni umane, proprio quelle sacrificate poiché scarsamente compatibili con le abitudini di vita asservite al miglioramento della posizione sociale. Se è vero che la felicità individuale dipende in ampia misura da quella altrui, l'economia ha tuttavia trascurato le dimensioni della componente soggettiva del benessere nelle sue analisi sulla ricchezza delle nazioni: a distanza di circa due secoli dalla nozione di ‘pubblica felicità’ elaborata della scuola italiana classica, gli studi economici affrontano il ‘paradosso della felicità’ suggerendo, al contempo, le scelte di politica economica in grado di invertire la tendenza alla decrescente felicità. Il Pil non è più sufficiente a delineare il grado di sviluppo e di ricchezza di un Paese,, ma è il National Well-Being Account leffettivo indice del ben-essere –e, quindi, della felicità- di una nazione. Se è evidente la dimensione pubblica delle ‘politiche per la felicità’ in contrapposizione a quelle di mera crescita del reddito, nondimeno si impone l’interrogativo sull’apporto dei singoli in una economia di mercato al tentativo di spezzare la catena che alimenta la ricchezza a scapito della felicità. La città è il luogo che conferisce all’espressione qualità del vivere le valenze più significative, di regola in senso negativo. Nei centri urbani, ove vive l’ottanta per cento della popolazione mondiale, si giocano oggi due sfide: quella dello sviluppo post industriale, e quella dell’integrazione sociale e culturale dei nuovi cittadini: la difesa dei diritti umani non è più per le società occidentali una scelta etica, ma piuttosto un gesto obbligato, finanche di egoismo, un impegno categorico per l’autoconservazione e, in questa prospettiva, le città possono rappresentare il laboratorio più vivo ed attuale della democrazia e della sussidiarietà. Nel nome della sussidiarietà e della prossimità sono le amministrazioni cittadine a dover porre in essere strumenti giuridici che si differenzino dagli interventi proibitivi –sostanzialmente funzionali al mantenimento dello status quo- optando invece per incentivi e premi: la Carta europea dei diritti umani nella città, adottata a Saint-Denis il 18 maggio 2000, muove in questa direzione, amalgamando un patrimonio di idee e di esperienze sulla dimensione sociale nel contesto urbano che sono, ad un tempo, di matrice liberale, frutto della tensione marxista al riscatto delle classi subalterne, nonché della concezione solidaristica incentrata sul valore della persona, propria della dottrina sociale della Chiesa.. Il rapporto fra i luoghi e chi li abita, la corrispondenza fra spazio e comportamenti, trova il suo punto nevralgico nelle periferie, ove la criminalità è agevolata dalle scelte progettuali: l’architettura che consente alle persone di stare in strada, incontrarsi, disporre di spazi pubblici di aggregazione, affacciarsi ed avere spazi aperti di fronte, rappresenta infatti un naturale ostacolo ai comportamenti criminali. Da sempre le scelte architettoniche hanno un diretto rapporto sui comportamenti individuali e collettivi: un elemento tipico dei centri storici liguri, emiliani, veneti, i portici, favorisce l’aggregazione alla stregua di una propaggine della casa, rendendo possibile che gli incontri consentano lo scambio sociale anche se le condizioni climatiche sono avverse, in un connubio ove si confondono cause ed effetti fra la forma della città ed il modo in cui essa impronta i comportamenti di chi vi vive e la vive.
Capitolo o saggio
pianificazione urbana, qualità della vita, scelte pubbliche, felicità
Italian
Architettura della città, qualità del vivere. Percorsi, speranza, partecipazione
Caruso di Spaccaforno, A; Santaroni, M; Vaccà, C
2007
978-88-211-8930-2
Marietti 1820
214
274
Vacca', C. (2007). La persona e le regole. In A. Caruso di Spaccaforno, M. Santaroni, C. Vaccà (a cura di), Architettura della città, qualità del vivere. Percorsi, speranza, partecipazione (pp. 214-274). Milano-Genova : Marietti 1820.
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