Il presente contributo intende proporre un’analisi del ruolo che gli abiti hanno assunto all’interno della storia delle arti visive in Occidente a partire da quella Dea dei serpenti ritrovata nel Palazzo di Cnosso. La nota statuetta, modellata nel periodo in cui si preconizzava la cultura figurativa occidentale, ha anticipato il ruolo fondamentale che la moda, soprattutto femminile, ha assunto in ambito scultoreo e pittorico, nonché cinematografico, poi. Il Rinascimento ha celebrato l’importanza dell’abito sia nella ritrattistica, dove le nobildonne sfoggiavano i costumi tipici dell’epoca, sia nelle raffigurazioni allegoriche, in cui l’abito era pattern floreale simbolo del personaggio che lo indossava. Al primo caso si può ascrivere la bellissima Cecilia Gallerani nella sua posa per Leonardo a Milano (La dama con l’Ermellino) mentre, per il secondo, il riferimento va al Botticelli della medicea villa di Castello (Primavera e La nascita di Venere). Il parallelo tra la Venere di Urbino di Tiziano e la Olympia di Édouard Manet introduce il tema dell’abito mancante e di quando, alle soglie della modernità, Parigi rifiuta quel nudo considerato ancora oltraggioso. I personaggi femminili interpretati dalla giovane modella Victorine Meurent assumono il corpo dello scandalo poiché, nel caso della Olympia, gli unici accessori indossati richiamano lo stile tipicamente adotatto dalle prostitute, mentre in Colazione sull’erba risulta inaccettabile l’accostamento tra una ragazza nuda e due uomini vestiti. Pochi anni prima, il Realismo aveva ammesso tra i soggetti degni di essere rappresentati anche i lavoratori. Gustave Courbet decide così di ritrarre una categoria tra le più umili, gli spaccapietre, indagando il loro mondo ma soprattutto i loro abiti consunti dalla fatica e istituendo il dettaglio del calzino strappato in evidenza come metonimia di una condizione. Abiti e accessori hanno raccontato la propria epoca, come sottolineato dall’approccio di due esponenti dell’Impressionismo, Edgar Degas e Pierre-Auguste Renoir, che con l’espediente dello studio dei fiocchi (il primo) e dei cappellini (il secondo) hanno reso in immagine l’eterogeneità della Parigi del tempo. Nel Terzo Millennio, quando la pittura sembra aver perso il suo appeal artistico e il suo ruolo sociale, il cinema di Sofia Coppola ne eredita la tradizione. In Maria Antonietta, infatti, l’attenzione alla scelta degli abiti non solo è un fattore stilistico ma un percorso filologico, creativo e museale. La metodologia utilizzata in questo saggio ha l’impronta della critica d’arte di matrice novecentesca basata sui livelli di lettura stilistico-formale e di analisi iconografica e iconologica (Warburg, Panofsky, Gombrich) con uno sguardo ai più innovativi metodi quali quello della ricerca antropologica e quello paradimatico delle arti visive (Sciolla, 2001).
Castiglione, O. (2021). Con o senza vestiti. Il ruolo degli abiti nelle arti visive tra Rinascimento e modernità. In E. Mancino (a cura di), Trame sottili. Voci diverse per un vestiario sentimentale (pp. 147-156). Milano : FRANCO ANGELI.
Con o senza vestiti. Il ruolo degli abiti nelle arti visive tra Rinascimento e modernità
Castiglione, O
2021
Abstract
Il presente contributo intende proporre un’analisi del ruolo che gli abiti hanno assunto all’interno della storia delle arti visive in Occidente a partire da quella Dea dei serpenti ritrovata nel Palazzo di Cnosso. La nota statuetta, modellata nel periodo in cui si preconizzava la cultura figurativa occidentale, ha anticipato il ruolo fondamentale che la moda, soprattutto femminile, ha assunto in ambito scultoreo e pittorico, nonché cinematografico, poi. Il Rinascimento ha celebrato l’importanza dell’abito sia nella ritrattistica, dove le nobildonne sfoggiavano i costumi tipici dell’epoca, sia nelle raffigurazioni allegoriche, in cui l’abito era pattern floreale simbolo del personaggio che lo indossava. Al primo caso si può ascrivere la bellissima Cecilia Gallerani nella sua posa per Leonardo a Milano (La dama con l’Ermellino) mentre, per il secondo, il riferimento va al Botticelli della medicea villa di Castello (Primavera e La nascita di Venere). Il parallelo tra la Venere di Urbino di Tiziano e la Olympia di Édouard Manet introduce il tema dell’abito mancante e di quando, alle soglie della modernità, Parigi rifiuta quel nudo considerato ancora oltraggioso. I personaggi femminili interpretati dalla giovane modella Victorine Meurent assumono il corpo dello scandalo poiché, nel caso della Olympia, gli unici accessori indossati richiamano lo stile tipicamente adotatto dalle prostitute, mentre in Colazione sull’erba risulta inaccettabile l’accostamento tra una ragazza nuda e due uomini vestiti. Pochi anni prima, il Realismo aveva ammesso tra i soggetti degni di essere rappresentati anche i lavoratori. Gustave Courbet decide così di ritrarre una categoria tra le più umili, gli spaccapietre, indagando il loro mondo ma soprattutto i loro abiti consunti dalla fatica e istituendo il dettaglio del calzino strappato in evidenza come metonimia di una condizione. Abiti e accessori hanno raccontato la propria epoca, come sottolineato dall’approccio di due esponenti dell’Impressionismo, Edgar Degas e Pierre-Auguste Renoir, che con l’espediente dello studio dei fiocchi (il primo) e dei cappellini (il secondo) hanno reso in immagine l’eterogeneità della Parigi del tempo. Nel Terzo Millennio, quando la pittura sembra aver perso il suo appeal artistico e il suo ruolo sociale, il cinema di Sofia Coppola ne eredita la tradizione. In Maria Antonietta, infatti, l’attenzione alla scelta degli abiti non solo è un fattore stilistico ma un percorso filologico, creativo e museale. La metodologia utilizzata in questo saggio ha l’impronta della critica d’arte di matrice novecentesca basata sui livelli di lettura stilistico-formale e di analisi iconografica e iconologica (Warburg, Panofsky, Gombrich) con uno sguardo ai più innovativi metodi quali quello della ricerca antropologica e quello paradimatico delle arti visive (Sciolla, 2001).File | Dimensione | Formato | |
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