La situazione di emergenza del 2020 ha sollevato l’opportunità e la necessità di un eccezionale «interventismo» delle autonomie territoriali, chiamate a provvedere ad una molteplicità di bisogni delle rispettive comunità: anzitutto bisogni legati alla tutela della salute, ma in egual misura esigenze legate a difficoltà economiche ed a criticità sul piano dei diritti sociali. Le Regioni in particolare hanno dovuto, e tuttora devono adottare decisioni e misure che da un lato sono espressione di valutazioni delle specificità dei propri contesti economici e sociali, ma al tempo stesso è opportuno che si coordinino con determinazioni assunte a livello nazionale. Esse si possono tradurre in benefici per i territori solo in virtù di un dialogo e di una virtuosa interazione tra i plurimi livelli istituzionali coinvolti: quello europeo, quello statale e quello locale. Le politiche che avrebbero – e tuttora devono – essere messe in atto si configurano pertanto come complessi interventi coordinati, che proiettano in una prospettiva nuova la logica della delimitazione delle competenze: si tratta di azioni condivise che aprono ad un modello di rapporti tra centro e periferia che richiede raccordo tra attribuzioni anche all’interno di potestà assegnate all’uno o all’altro livello di governo. Di fatto siffatto modello è stato finora limitatamente assecondato da tutti gli attori istituzionali coinvolti: il contributo suggerisce l’opportunità che sia invece oggetto di adesione e accoglimento in vista dell’efficace contrasto alla crisi in atto, le cui conseguenze in termini di crescenti diseguaglianze e di insoddisfacente uniformità nella garanzia dei diritti appaiono già ampiamente inaccettabili nella prospettiva costituzionale.
Buzzacchi, C. (2021). Le Regioni e le politiche per i diritti economici e sociali al tempo della pandemia. RIVISTA AIC(1/2021), 278-293.
Le Regioni e le politiche per i diritti economici e sociali al tempo della pandemia
Buzzacchi, C
2021
Abstract
La situazione di emergenza del 2020 ha sollevato l’opportunità e la necessità di un eccezionale «interventismo» delle autonomie territoriali, chiamate a provvedere ad una molteplicità di bisogni delle rispettive comunità: anzitutto bisogni legati alla tutela della salute, ma in egual misura esigenze legate a difficoltà economiche ed a criticità sul piano dei diritti sociali. Le Regioni in particolare hanno dovuto, e tuttora devono adottare decisioni e misure che da un lato sono espressione di valutazioni delle specificità dei propri contesti economici e sociali, ma al tempo stesso è opportuno che si coordinino con determinazioni assunte a livello nazionale. Esse si possono tradurre in benefici per i territori solo in virtù di un dialogo e di una virtuosa interazione tra i plurimi livelli istituzionali coinvolti: quello europeo, quello statale e quello locale. Le politiche che avrebbero – e tuttora devono – essere messe in atto si configurano pertanto come complessi interventi coordinati, che proiettano in una prospettiva nuova la logica della delimitazione delle competenze: si tratta di azioni condivise che aprono ad un modello di rapporti tra centro e periferia che richiede raccordo tra attribuzioni anche all’interno di potestà assegnate all’uno o all’altro livello di governo. Di fatto siffatto modello è stato finora limitatamente assecondato da tutti gli attori istituzionali coinvolti: il contributo suggerisce l’opportunità che sia invece oggetto di adesione e accoglimento in vista dell’efficace contrasto alla crisi in atto, le cui conseguenze in termini di crescenti diseguaglianze e di insoddisfacente uniformità nella garanzia dei diritti appaiono già ampiamente inaccettabili nella prospettiva costituzionale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.