L’articolo prende le mosse dalla distinzione tra i concetti di “bene giudico” e di “offesa”, che, pur essendo tra loro strettamente correlati, possono svolgere funzioni differenti. La seconda ha una naturale vocazione di garanzia, volta a ridurre la sfera della rilevanza penale; il primo può essere valorizzato sia in chiave restrittiva (per limitare la punibilità, tra i fatti apparentemente tipizzati dalla norma incriminatrice, a quelli offensivi del bene tutelato), sia espansiva (per punire anche fatti diversi da quelli tipizzati dalla norma incriminatrice, allorché offendano il bene dalla stessa tutelato). Nell'attuale momento storico di crisi del principio di legalità, la funzione garantista del “principio di offensività” tende a cedere spazio all'utilizzo in chiave espansiva del concetto di bene giuridico, al fine di coprire qualsiasi (supposto) vuoto di tutela, con ricorso a vere e proprie forme di analogia in malam partem, in tensione con il principio di tassatività. Tale processo ha interessato, in particolare, la fattispecie di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, in relazione alla quale, peraltro, si deve registrare come, ad un orientamento che ha valorizzato in chiave espansiva il concetto di “bene giuridico”, si siano aggiunte pronunce che hanno trascurato anche la dimensione offensiva, con il risultato che il disvalore sembra talora concentrarsi sulla qualità del soggetto attivo, cioè di contribuente con un debito superiore a cinquantamila euro. Infatti, per un verso si accentua la rilevanza dell’offesa, giungendo spesso, alla prova dei fatti a sanzionare condotte prive del requisito della fraudolenza, e quindi del disvalore di condotta richiesto dal legislatore; per altro verso, si è giunti a rinunciare anche al disvalore di evento, escludendo la possibilità di riferire la soglia di euro cinquantamila anche al valore dei beni sottratti all'esecuzione. L’offesa sembra quindi perdere qualunque valenza garantistica, e si giunge a punire, anziché una significativa offesa all'interesse tutelato dalla norma (garanzia patrimoniale), un “significativo contribuente”, che arrechi qualsiasi offesa, anche del tutto trascurabile, al bene tutelato, con un progressivo “scivolamento” dalla prospettiva del “diritto penale del fatto” a quella del “diritto penale dell’autore”.

Aldrovandi, P. (2020). Bene giuridico e principio di offensività nello specchio del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte. RIVISTA DI DIRITTO TRIBUTARIO(3/2020), 61-100.

Bene giuridico e principio di offensività nello specchio del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte

P. Aldrovandi
2020

Abstract

L’articolo prende le mosse dalla distinzione tra i concetti di “bene giudico” e di “offesa”, che, pur essendo tra loro strettamente correlati, possono svolgere funzioni differenti. La seconda ha una naturale vocazione di garanzia, volta a ridurre la sfera della rilevanza penale; il primo può essere valorizzato sia in chiave restrittiva (per limitare la punibilità, tra i fatti apparentemente tipizzati dalla norma incriminatrice, a quelli offensivi del bene tutelato), sia espansiva (per punire anche fatti diversi da quelli tipizzati dalla norma incriminatrice, allorché offendano il bene dalla stessa tutelato). Nell'attuale momento storico di crisi del principio di legalità, la funzione garantista del “principio di offensività” tende a cedere spazio all'utilizzo in chiave espansiva del concetto di bene giuridico, al fine di coprire qualsiasi (supposto) vuoto di tutela, con ricorso a vere e proprie forme di analogia in malam partem, in tensione con il principio di tassatività. Tale processo ha interessato, in particolare, la fattispecie di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, in relazione alla quale, peraltro, si deve registrare come, ad un orientamento che ha valorizzato in chiave espansiva il concetto di “bene giuridico”, si siano aggiunte pronunce che hanno trascurato anche la dimensione offensiva, con il risultato che il disvalore sembra talora concentrarsi sulla qualità del soggetto attivo, cioè di contribuente con un debito superiore a cinquantamila euro. Infatti, per un verso si accentua la rilevanza dell’offesa, giungendo spesso, alla prova dei fatti a sanzionare condotte prive del requisito della fraudolenza, e quindi del disvalore di condotta richiesto dal legislatore; per altro verso, si è giunti a rinunciare anche al disvalore di evento, escludendo la possibilità di riferire la soglia di euro cinquantamila anche al valore dei beni sottratti all'esecuzione. L’offesa sembra quindi perdere qualunque valenza garantistica, e si giunge a punire, anziché una significativa offesa all'interesse tutelato dalla norma (garanzia patrimoniale), un “significativo contribuente”, che arrechi qualsiasi offesa, anche del tutto trascurabile, al bene tutelato, con un progressivo “scivolamento” dalla prospettiva del “diritto penale del fatto” a quella del “diritto penale dell’autore”.
Articolo in rivista - Articolo scientifico
Art. 11 d.lgs. 74/2000 - sottrazione fraudolenta la pagamento di imposte - interpretazioni giurisprudenziali - principio di offensività - principio di legalità - diritto penale d'autore
Italian
2020
3/2020
61
100
none
Aldrovandi, P. (2020). Bene giuridico e principio di offensività nello specchio del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte. RIVISTA DI DIRITTO TRIBUTARIO(3/2020), 61-100.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10281/279440
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