Nei primi giorni del 2019, le agenzie stampa aprivano con titoli allarmanti: “l’Italia muore di burocrazia”, “l’Italia ha la peggior burocrazia d’Europa”, “burocrazia, Italia seconda solo alla Grecia”, “così la burocrazia ammazza le imprese e gli investimenti”. Il campanello d’allarme, enfatizzato dai media, è stato suonato dalla CGIA di Mestre, che ha pubblicato una rielaborazione dei dati raccolti nel 2017 dalla Commissione Europea, rimarcando limiti noti dell’apparato amministrativo italiano: lentezza, adempimenti onerosi e ridondanti, incertezza giuridica, scarsa trasparenza, corruzione. La rilettura di un quadro statistico poco confortante è stata trasformata in un giudizio inesorabile sull’efficienza e sulla qualità dell’amministrazione italiana. La “replica” dei pubblici dipendenti è emersa però da un sondaggio condotto, sempre nel 2017, da ForumPA, da cui è risultato che oltre il 60% degli intervistati, nel riconoscere l’inefficienza dell’apparato, imputa le cause principali della stessa alla cosiddetta “burocrazia difensiva”, ossia la convinzione che, per evitare di incorrere in responsabilità disciplinari o penali, in un quadro dominato dall’incertezza normativa, sia meglio rimanere immobili piuttosto che assumere scelte rischiose. La tendenza è stata rilevata anche dal Presidente dell’ANAC che, già nel 2016, parlando di “fuga dalla responsabilità”, denunciava un atteggiamento attendista da parte dei dipendenti pubblici, che avrebbero preferito tempestare di telefonate gli uffici dell’Autorità, piuttosto che assumere le decisioni del caso. Ad analoghe conclusioni era giunto il Presidente del Consiglio di Stato Pajno, all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2017, segnalando una P.A. sempre più incerta e remissiva, ben più propensa a uniformarsi alle pronunce del Giudice amministrativo. Nonostante queste avvisaglie, la strada del riordino normativo e della valorizzazione del potere di scelta dell’Amministrazione sembra essere stata accantonata dal legislatore, che, proprio a gennaio, con la cosiddetta “legge spazzacorrotti”, ha privilegiato un’altra via, ossia l’inasprimento dei presidi penali posti a tutela del buon andamento della pubblica amministrazione. Un intervento di politica criminale che, ancorché non bilanciato da alcuna azione sul piano dell’organizzazione amministrativa, rischia di aggravare i sintomi della burocrazia difensiva. Questo effetto collaterale, peraltro, può derivare non solo dal controllo esercitato tramite i delitti contro la P.A., ma anche attraverso l’esercizio della pretesa punitiva nei confronti di quei privati accusati di aver agito in violazione di discipline o regimi amministrativi, indipendentemente dal fatto che gli stessi fossero stati previamente facoltizzati dall’amministrazione competente. La vocazione della giurisdizione penale è quella di occuparsi trasversalmente di questioni che interessano tutti i rami del diritto, ma la pervasività del controllo penale nell’ambito amministrativo rischia di incidere significativamente sulla libertà di apprezzamento dell’amministrazione, oltre che su quella personale degli imputati. Il rapporto fra le materie, in astratto, dovrebbe essere bilanciato dal fatto che l’azione penale è indirizzata unicamente a garantire il rispetto di un ristrettissimo ambito della legalità, che non coincide con la legalità amministrativa. La questione, perciò, diventa stabilire quale sia l’intersezione, ossia ove l’illegittimità amministrativa assuma rilevanza penale e, soprattutto, quale sia l’ambito delle scelte riservate alla P.A. che, come tali, non possano essere messe in discussione in sede penale. Si arriva inevitabilmente al tema della discrezionalità: quest’ultima, nell’ambito della giurisdizione amministrativa, descrive l’area entro cui l’amministrazione opera con poteri propri, individua cioè il limite positivo entro cui il sapere della P.A. non può essere sostituito dalle valutazioni del giudice, ma, in negativo, definisce il livello di autoresponsabilizzazione dello Stato, individuando l’area entro cui l’operato dei suoi agenti può essere sindacato da un controllore terzo e imparziale. Nell’ambito della giurisdizione penale – laddove l’interesse privato sfuma, rilevando semmai come spia della collusione – il discorso scivola verso un’altra questione: la discrezionalità amministrativa deve rappresentare un limite posto alla cognizione del giudice penale, oppure una sfera il più possibile circoscritta, per impedire distorsioni e abusi? È un limite posto al sindacato giurisdizionale, o al potere di scelta dell’amministrazione? Scopo del paper è analizzare il rischio che il processo penale si trasformi in un giudizio di rispondenza tra l’attività posta in essere dalla P.A. e la missione a questa affidata, in altri termini, una valutazione della sua adeguatezza rispetto al perseguimento dell’interesse pubblico, ciò non solo a rischio di una frustrazione della performance del decisore pubblico, ma anche di un’ambigua sovrapposizione fra poteri.

Lavatelli, M. (2019). Responsabilità penale e burocrazia difensiva: effetti (o danni) collaterali di una valutazione sui generis della performance amministrativa. Intervento presentato a: Quali saperi servono alla Pubblica Amministrazione? Selezione, valorizzazione e tutela della professionalità pubblica (Pisa, 10-12 ottobre 2019), Pisa.

Responsabilità penale e burocrazia difensiva: effetti (o danni) collaterali di una valutazione sui generis della performance amministrativa

Lavatelli, M
2019

Abstract

Nei primi giorni del 2019, le agenzie stampa aprivano con titoli allarmanti: “l’Italia muore di burocrazia”, “l’Italia ha la peggior burocrazia d’Europa”, “burocrazia, Italia seconda solo alla Grecia”, “così la burocrazia ammazza le imprese e gli investimenti”. Il campanello d’allarme, enfatizzato dai media, è stato suonato dalla CGIA di Mestre, che ha pubblicato una rielaborazione dei dati raccolti nel 2017 dalla Commissione Europea, rimarcando limiti noti dell’apparato amministrativo italiano: lentezza, adempimenti onerosi e ridondanti, incertezza giuridica, scarsa trasparenza, corruzione. La rilettura di un quadro statistico poco confortante è stata trasformata in un giudizio inesorabile sull’efficienza e sulla qualità dell’amministrazione italiana. La “replica” dei pubblici dipendenti è emersa però da un sondaggio condotto, sempre nel 2017, da ForumPA, da cui è risultato che oltre il 60% degli intervistati, nel riconoscere l’inefficienza dell’apparato, imputa le cause principali della stessa alla cosiddetta “burocrazia difensiva”, ossia la convinzione che, per evitare di incorrere in responsabilità disciplinari o penali, in un quadro dominato dall’incertezza normativa, sia meglio rimanere immobili piuttosto che assumere scelte rischiose. La tendenza è stata rilevata anche dal Presidente dell’ANAC che, già nel 2016, parlando di “fuga dalla responsabilità”, denunciava un atteggiamento attendista da parte dei dipendenti pubblici, che avrebbero preferito tempestare di telefonate gli uffici dell’Autorità, piuttosto che assumere le decisioni del caso. Ad analoghe conclusioni era giunto il Presidente del Consiglio di Stato Pajno, all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2017, segnalando una P.A. sempre più incerta e remissiva, ben più propensa a uniformarsi alle pronunce del Giudice amministrativo. Nonostante queste avvisaglie, la strada del riordino normativo e della valorizzazione del potere di scelta dell’Amministrazione sembra essere stata accantonata dal legislatore, che, proprio a gennaio, con la cosiddetta “legge spazzacorrotti”, ha privilegiato un’altra via, ossia l’inasprimento dei presidi penali posti a tutela del buon andamento della pubblica amministrazione. Un intervento di politica criminale che, ancorché non bilanciato da alcuna azione sul piano dell’organizzazione amministrativa, rischia di aggravare i sintomi della burocrazia difensiva. Questo effetto collaterale, peraltro, può derivare non solo dal controllo esercitato tramite i delitti contro la P.A., ma anche attraverso l’esercizio della pretesa punitiva nei confronti di quei privati accusati di aver agito in violazione di discipline o regimi amministrativi, indipendentemente dal fatto che gli stessi fossero stati previamente facoltizzati dall’amministrazione competente. La vocazione della giurisdizione penale è quella di occuparsi trasversalmente di questioni che interessano tutti i rami del diritto, ma la pervasività del controllo penale nell’ambito amministrativo rischia di incidere significativamente sulla libertà di apprezzamento dell’amministrazione, oltre che su quella personale degli imputati. Il rapporto fra le materie, in astratto, dovrebbe essere bilanciato dal fatto che l’azione penale è indirizzata unicamente a garantire il rispetto di un ristrettissimo ambito della legalità, che non coincide con la legalità amministrativa. La questione, perciò, diventa stabilire quale sia l’intersezione, ossia ove l’illegittimità amministrativa assuma rilevanza penale e, soprattutto, quale sia l’ambito delle scelte riservate alla P.A. che, come tali, non possano essere messe in discussione in sede penale. Si arriva inevitabilmente al tema della discrezionalità: quest’ultima, nell’ambito della giurisdizione amministrativa, descrive l’area entro cui l’amministrazione opera con poteri propri, individua cioè il limite positivo entro cui il sapere della P.A. non può essere sostituito dalle valutazioni del giudice, ma, in negativo, definisce il livello di autoresponsabilizzazione dello Stato, individuando l’area entro cui l’operato dei suoi agenti può essere sindacato da un controllore terzo e imparziale. Nell’ambito della giurisdizione penale – laddove l’interesse privato sfuma, rilevando semmai come spia della collusione – il discorso scivola verso un’altra questione: la discrezionalità amministrativa deve rappresentare un limite posto alla cognizione del giudice penale, oppure una sfera il più possibile circoscritta, per impedire distorsioni e abusi? È un limite posto al sindacato giurisdizionale, o al potere di scelta dell’amministrazione? Scopo del paper è analizzare il rischio che il processo penale si trasformi in un giudizio di rispondenza tra l’attività posta in essere dalla P.A. e la missione a questa affidata, in altri termini, una valutazione della sua adeguatezza rispetto al perseguimento dell’interesse pubblico, ciò non solo a rischio di una frustrazione della performance del decisore pubblico, ma anche di un’ambigua sovrapposizione fra poteri.
paper
Pubblica amministrazione; interferenze; giudice penale; spazzacorrotti; burocrazia difensiva; burocrazia; discrezionalità
Italian
Quali saperi servono alla Pubblica Amministrazione? Selezione, valorizzazione e tutela della professionalità pubblica (Pisa, 10-12 ottobre 2019)
2019
2019
open
Lavatelli, M. (2019). Responsabilità penale e burocrazia difensiva: effetti (o danni) collaterali di una valutazione sui generis della performance amministrativa. Intervento presentato a: Quali saperi servono alla Pubblica Amministrazione? Selezione, valorizzazione e tutela della professionalità pubblica (Pisa, 10-12 ottobre 2019), Pisa.
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