Le vicende processuali che caratterizzano le ipotesi di reato previste dal Testo Unico immigrazione – disciplina rafforzativa dell’attività amministrativa di controllo delle frontiere e di repressione degli ingressi e delle permanenze illegali – suscitano riflessioni importanti sui rapporti e le intersezioni che possono prodursi fra l’attività della pubblica amministrazione e l’accertamento proprio del giudizio penale. L’intreccio fra discipline fa sì che molte delle fattispecie incriminatrici siano integrate da disposizioni extrapenali che definiscono il fatto di reato o individuano cause di esclusione delle responsabilità, ovvero siano previste ipotesi di sospensione del procedimento penale in attesa della definizione di talune procedure amministrative, circostanze che si riverberano in una sovrapposizione di piani che richiede una regola di risoluzione di eventuali interferenze. In alcune ipotesi specifiche, il legislatore ha definito il principio di calibratura, come nel caso della contravvenzione d’ingresso e soggiorno illegale, per cui ha stabilito la sospensione del procedimento penale a fronte della presentazione della domanda di protezione internazionale (art. 10-bis, co.6, T.U.). Molto più di frequente capita però che, a fronte all’esistenza di atti amministrativi che costituiscono il presupposto dell’ integrazione di reati di inosservanza di provvedimenti amministrativi, generalmente ordini del Questore, i giudicanti si trovino nella condizione (o forse “tentazione”) di ampliare l’area del proprio sindacato, spingendosi a valutare le modalità attraverso cui l’attività amministrativa si è concretata, verificandone la legittimità, compito che, a rigore, spetterebbe invece al giudice amministrativo. Tale presa di posizione, per quanto sia figlia di orientamenti giurisprudenziali obiettivamente orientati in una direzione garantista, cioè di cosiddetta “disapplicazione in bonam partem”, rischia di scoperchiare un vaso di Pandora che sembrava ormai ben sigillato dalla pronuncia delle Sezioni Unite Borgia, chiamate a decidere sulla questione del sindacato esercitato dal giudice penale sull’atto amministrativo un’ultima volta nel 1993. In generale, il problema rievoca una tematica più ampia, come quella della sottoposizione del potere esecutivo al controllo del potere giurisdizionale, che a propria volta richiama il principio di Il problema della definizione dello spettro del sindacato esercitabile dal giudice penale sugli atti amministrativi rimette in gioco l’ annosa questione della disapplicazione, ossia l’ espediente processuale che consente al giudice chiamato a decidere sull’integrazione di un fatto di reato che presuppone la violazione di un atto amministrativo di valutare in via preliminare e incidentale la legittimità dell’atto stesso, ai fini di un’eventuale esclusione di responsabilità in capo all’imputato. separazione dei poteri e, in ultima analisi, la necessità di preservare l’ambito delle prerogative proprie della pubblica amministrazione da indebite intromissioni del potere giudiziario. In una prospettiva più concreta, il nodo cruciale riguarda la necessità di individuare (anzi, stabilire) la fattibilità, i contorni e le condizioni di tale sindacato, avendo riguardo alle conseguenze dell’impostazione prescelta. L’ambiguità del riparto dei “confini” fra le giurisdizioni rischia infatti di trasformarsi anzitutto in motivo di frammentazione delle decisioni: se in alcuni casi, per esempio, si vorrà privilegiare la stabilità dell’atto amministrativo, in altri, viceversa, si potrebbe scegliere di valorizzare la prospettiva garantista. Il vero paradosso si realizza dal momento in cui questi problemi si pongono davanti a Corti e giudici che la persona attinta dal provvedimento amministrativo – titolare perciò di una posizione di interesse legittimo – non ha adito volontariamente, anzi, verosimilmente, innanzi a essi è stata “portata” da ufficiali di pubblica sicurezza. La possibilità che un giudice possa dichiarare incidenter l’illegittimità di atti che incidono notevolmente sulla libertà personale porta a interrogarsi sui riflessi che potrebbe (o dovrebbe) assumere il giudicato penale nel proseguo delle vicende amministrative, soprattutto allorquando siano spirati i termini per l’impugnazione davanti al giudice amministrativo. La necessità di restituire coerenza a eventuali fratture (anche vistose) nelle determinazioni assunte da diversi poteri dello Stato non potrà prescindere da attente valutazioni che tengano anche conto delle ricadute sulla vita degli individui coinvolti, soprattutto in termini di parità di trattamento.

Lavatelli, M. (2018). Il sindacato incidentale del giudice penale sui provvedimenti in materia d’immigrazione: un confronto critico fra garantismo e separazione dei poteri. Intervento presentato a: ICON·S Italian Chapter Inaugural Conference - “Unità e frammentazione dentro e oltre lo Stato”, Roma, 23-24 novembre 2018, Roma.

Il sindacato incidentale del giudice penale sui provvedimenti in materia d’immigrazione: un confronto critico fra garantismo e separazione dei poteri

Lavatelli, M
2018

Abstract

Le vicende processuali che caratterizzano le ipotesi di reato previste dal Testo Unico immigrazione – disciplina rafforzativa dell’attività amministrativa di controllo delle frontiere e di repressione degli ingressi e delle permanenze illegali – suscitano riflessioni importanti sui rapporti e le intersezioni che possono prodursi fra l’attività della pubblica amministrazione e l’accertamento proprio del giudizio penale. L’intreccio fra discipline fa sì che molte delle fattispecie incriminatrici siano integrate da disposizioni extrapenali che definiscono il fatto di reato o individuano cause di esclusione delle responsabilità, ovvero siano previste ipotesi di sospensione del procedimento penale in attesa della definizione di talune procedure amministrative, circostanze che si riverberano in una sovrapposizione di piani che richiede una regola di risoluzione di eventuali interferenze. In alcune ipotesi specifiche, il legislatore ha definito il principio di calibratura, come nel caso della contravvenzione d’ingresso e soggiorno illegale, per cui ha stabilito la sospensione del procedimento penale a fronte della presentazione della domanda di protezione internazionale (art. 10-bis, co.6, T.U.). Molto più di frequente capita però che, a fronte all’esistenza di atti amministrativi che costituiscono il presupposto dell’ integrazione di reati di inosservanza di provvedimenti amministrativi, generalmente ordini del Questore, i giudicanti si trovino nella condizione (o forse “tentazione”) di ampliare l’area del proprio sindacato, spingendosi a valutare le modalità attraverso cui l’attività amministrativa si è concretata, verificandone la legittimità, compito che, a rigore, spetterebbe invece al giudice amministrativo. Tale presa di posizione, per quanto sia figlia di orientamenti giurisprudenziali obiettivamente orientati in una direzione garantista, cioè di cosiddetta “disapplicazione in bonam partem”, rischia di scoperchiare un vaso di Pandora che sembrava ormai ben sigillato dalla pronuncia delle Sezioni Unite Borgia, chiamate a decidere sulla questione del sindacato esercitato dal giudice penale sull’atto amministrativo un’ultima volta nel 1993. In generale, il problema rievoca una tematica più ampia, come quella della sottoposizione del potere esecutivo al controllo del potere giurisdizionale, che a propria volta richiama il principio di Il problema della definizione dello spettro del sindacato esercitabile dal giudice penale sugli atti amministrativi rimette in gioco l’ annosa questione della disapplicazione, ossia l’ espediente processuale che consente al giudice chiamato a decidere sull’integrazione di un fatto di reato che presuppone la violazione di un atto amministrativo di valutare in via preliminare e incidentale la legittimità dell’atto stesso, ai fini di un’eventuale esclusione di responsabilità in capo all’imputato. separazione dei poteri e, in ultima analisi, la necessità di preservare l’ambito delle prerogative proprie della pubblica amministrazione da indebite intromissioni del potere giudiziario. In una prospettiva più concreta, il nodo cruciale riguarda la necessità di individuare (anzi, stabilire) la fattibilità, i contorni e le condizioni di tale sindacato, avendo riguardo alle conseguenze dell’impostazione prescelta. L’ambiguità del riparto dei “confini” fra le giurisdizioni rischia infatti di trasformarsi anzitutto in motivo di frammentazione delle decisioni: se in alcuni casi, per esempio, si vorrà privilegiare la stabilità dell’atto amministrativo, in altri, viceversa, si potrebbe scegliere di valorizzare la prospettiva garantista. Il vero paradosso si realizza dal momento in cui questi problemi si pongono davanti a Corti e giudici che la persona attinta dal provvedimento amministrativo – titolare perciò di una posizione di interesse legittimo – non ha adito volontariamente, anzi, verosimilmente, innanzi a essi è stata “portata” da ufficiali di pubblica sicurezza. La possibilità che un giudice possa dichiarare incidenter l’illegittimità di atti che incidono notevolmente sulla libertà personale porta a interrogarsi sui riflessi che potrebbe (o dovrebbe) assumere il giudicato penale nel proseguo delle vicende amministrative, soprattutto allorquando siano spirati i termini per l’impugnazione davanti al giudice amministrativo. La necessità di restituire coerenza a eventuali fratture (anche vistose) nelle determinazioni assunte da diversi poteri dello Stato non potrà prescindere da attente valutazioni che tengano anche conto delle ricadute sulla vita degli individui coinvolti, soprattutto in termini di parità di trattamento.
relazione (orale)
disapplicazione; giudice penale; accertamento penale; atto amministrativo; immigrazione; ordini del questore; sindacato incidentale; T.U. immigrazione
Italian
ICON·S Italian Chapter Inaugural Conference - “Unità e frammentazione dentro e oltre lo Stato”, Roma, 23-24 novembre 2018
2018
2018
none
Lavatelli, M. (2018). Il sindacato incidentale del giudice penale sui provvedimenti in materia d’immigrazione: un confronto critico fra garantismo e separazione dei poteri. Intervento presentato a: ICON·S Italian Chapter Inaugural Conference - “Unità e frammentazione dentro e oltre lo Stato”, Roma, 23-24 novembre 2018, Roma.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10281/246272
Citazioni
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
Social impact