L’art. 1, comma 38, l. n. 190/2012, in apparenza, ha introdotto l’obbligo di una risposta espressa della pubblica amministrazione rispetto a qualunque istanza, anche irrituale, del cittadino. La disposizione sembrerebbe modellata sulla falsariga dell’obbligo del giudice di rendere sentenza anche a fronte di domande processualmente inammissibili. L’articolo esamina l’effettivo grado di applicazione di questa norma a distanza di cinque anni dalla sua introduzione. Dapprima si evidenzia come la stessa dottrina abbia accolto con molta cautela la novità normativa, mettendo quindi poi in luce la diversa chiarezza del contesto normativo della disciplina processuale rispetto al contesto normativo sul procedimento amministrativo. Infine, si prende in esame la casistica giurisprudenziale dal 2012 ad oggi. Dall’analisi emerge che la disponi- bilità della giurisprudenza a riconoscere la carica di novità della norma si arresta però di fronte al tema delle istanze di autotutela. L’autore pertanto ipotizza una chiave di spiegazione di questa eccezione, e della preferenza della giurisprudenza per il tradizionale rimedio avverso il silenzio, anche come un riflesso della volontà del giudice di ribadire il suo primato nel campo della tutela delle situazioni giuridiche soggettive.
Squazzoni, A. (2018). Il dovere di risposta della pubblica amministrazione alle domande manifestamente irricevibili, inammissibili, improcedibili o infondate: un primo bilancio. DIRITTO AMMINISTRATIVO, XXVI(4-2018), 915-962.
Il dovere di risposta della pubblica amministrazione alle domande manifestamente irricevibili, inammissibili, improcedibili o infondate: un primo bilancio
Squazzoni, A
2018
Abstract
L’art. 1, comma 38, l. n. 190/2012, in apparenza, ha introdotto l’obbligo di una risposta espressa della pubblica amministrazione rispetto a qualunque istanza, anche irrituale, del cittadino. La disposizione sembrerebbe modellata sulla falsariga dell’obbligo del giudice di rendere sentenza anche a fronte di domande processualmente inammissibili. L’articolo esamina l’effettivo grado di applicazione di questa norma a distanza di cinque anni dalla sua introduzione. Dapprima si evidenzia come la stessa dottrina abbia accolto con molta cautela la novità normativa, mettendo quindi poi in luce la diversa chiarezza del contesto normativo della disciplina processuale rispetto al contesto normativo sul procedimento amministrativo. Infine, si prende in esame la casistica giurisprudenziale dal 2012 ad oggi. Dall’analisi emerge che la disponi- bilità della giurisprudenza a riconoscere la carica di novità della norma si arresta però di fronte al tema delle istanze di autotutela. L’autore pertanto ipotizza una chiave di spiegazione di questa eccezione, e della preferenza della giurisprudenza per il tradizionale rimedio avverso il silenzio, anche come un riflesso della volontà del giudice di ribadire il suo primato nel campo della tutela delle situazioni giuridiche soggettive.File | Dimensione | Formato | |
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