Il velo islamico della lavoratrice tra diritto antidiscriminatorio e pluralismo religioso

Starting from a case of direct discrimination on the ground of religion during the access to employment, the paper deals with the issue of impediments to women wearing the veil in the workplace as a form of multifactorial discrimination, because of the impact on gender policies, and as an obstacle against islamic women cultural emancipation. Another issue addressed is the right of the worker to express his/her identity at the workplace, assessing whether the employer can place aesthetic requirements. Finally, the paper analyzes the acceptance of indirect discrimination, that may be justified when the objective of differences of treatment is legitimate, as the corporate neutrality, reflecting on the need for the workplace to be a democratic place, where all differences could be expressed

La multiculturalità che caratterizza il contesto sociale europeo (e globale) presenta un effetto moltiplicatore: “accentua i rischi della guerra ai simboli, che diverrebbe guerra di tutti contro tutti, e moltiplica la forza dell’accoglienza, che renderebbe la società casa comune di tutte le fedi e dei loro segni ”. Sotto questa lente dovrebbe leggersi anche il fattore religioso, che assume un ruolo problematizzante su due opposte dimensioni, individuale e collettiva, pubblica e privata. Anche il diritto del lavoro si pone al confine dei due ambiti: rappresenta il mezzo di sostentamento economico del lavoratore e costituisce uno strumento di emancipazione individuale, ma si pone in un contesto produttivo collettivo, con tendenze contemporaneamente cooperative e competitive. In questo ambiente complesso di espressione, il pluralismo religioso sembra allora potersi porre come problema e soluzione di profonde questioni giuridiche e sociali, per affrontare le quali pare sensato, sic parvis magna, partire da un caso concreto di discriminazione in fase di assunzione