L’originalità del lavoro consiste, principalmente, nell’aver applicato il metodo tradizionalmente impiegato dall’Istituto Nazionale di Statistica per la stima della povertà in Italia ad una realtà circoscritta ma comunque rilevante, quale può essere, ad esempio, quella della popolazione residente in un contesto urbano ampio e sviluppato sotto il profilo socio-economico. I dati raccolti attraverso l’indagine campionaria che, nel corso del 2007, è stata condotta dalla Camera di Commercio e dal Comune di Milano sui consumi delle famiglie milanesi, in modo analogo a quella che l’Istat compie annualmente sui bilanci delle famiglie italiane, hanno fornito la base “ideale” per la ricerca. Quest’ultima, volta, come anticipato, a testare gli effetti della metodologia applicata a livello ufficiale per quantificare la povertà relativa in ambiti ristretti ma comunque rilevanti e significativi, potrebbe essere valutata ed interpretata anche nella prospettiva di un reimpiego della medesima procedura in altri contesti simili, quali potrebbero essere, ad esempio, gli “agglomerati” urbani di Genova, Bologna, Torino, Roma e altri ancora. I primi, sorprendenti, risultati ottenuti in fase di analisi, successivamente hanno indotto, innanzitutto, a compiere qualche verifica più approfondita in merito alla “bontà di adattamento” della base di dati a disposizione all’universo delle famiglie residenti a Milano che era chiamata a rappresentare. Assodata, per quanto possibile, la validità dei dati utilizzati per l’analisi e, quindi, accettati i risultati apparentemente alquanto “discutibili”, che mostravano una notevole diffusione della povertà relativa intesa in senso economico e stimata in base alla spesa per consumi delle famiglie, la ricerca è stata “reindirizzata” e diretta sia verso l’elaborazione di ulteriori linee di povertà relativa, basate sulla spesa per consumi mediana ed in grado di offrire possibili stime “alternative” circa l’incidenza del fenomeno della deprivazione economica nel capoluogo lombardo (e che hanno consentito, in fase di esame dei risultati, di intraprendere una sorta di “analisi di sensibilità”), sia interrogandosi circa l’opportunità di attribuire validità, a livello ufficiale, ad un’unica linea di povertà, dal momento che questa pare mediare eccessivamente tra contesti troppo differenti tra loro. Difatti, come anche altri studi hanno evidenziato, il ricorso ad un’unica soglia di povertà provoca una forte sottostima del disagio economico al Nord e, in generale, nei grandi contesti urbani italiani e sovrastima la povertà al Sud e negli ambiti rurali. Concretamente, nella ricerca in questione, la discussione è stata condotta dapprima applicando alla base di dati le linee di povertà assolute elaborate dall’Istat in base alla nuova metodologia, che ha prodotto batterie di soglie di povertà a partire dal 2005 in avanti, e, successivamente, confrontando i diversi valori ottenuti per l’headcount ratio in funzione dei diversi criteri adottati per definire l’insieme dei “poveri”. In particolare, le riflessioni che più hanno indotto a ritenere valide le elaborazioni compiute sui dati campionari sono derivate dall’osservazione che l’indice di diffusione della povertà assoluta per le famiglie milanesi nel 2007 era notevolmente più elevato (8,03%) di quello “ufficiale” calcolato per il comparto del Nord Italia (3,5%) e, comunque, decisamente ridotto rispetto a quello di incidenza della deprivazione relativa elaborato sempre per le sole famiglie residenti a Milano nel 2007 (17,05%). Una volta preso atto che, soprattutto nella specificità della popolazione residente a Milano, la linea di povertà relativa tende ad individuare, principalmente, le unità che non manifestano un comportamento di spesa per consumi “conforme” allo standard emergente nella collettività di cui costituiscono comunque parte integrante, lo studio ha trovato la sua “naturale” conclusione nell’elaborazione di un “profilo della povertà” milanese in corrispondenza di ogni batteria di soglie di deprivazione elaborata, evidenziando i tratti sociali, demografici ma anche economici (si pensi, ad esempio, al livello della spesa media per consumi delle unità qualificate come “povere”) che caratterizzano le famiglie che si collocano sotto la linea di povertà.

(2011). Metodi statistici per lo studio della povertà. Applicazioni e analisi della realtà milanese. (Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2011).

Metodi statistici per lo studio della povertà. Applicazioni e analisi della realtà milanese

CARRA, ARIANNA
2011

Abstract

L’originalità del lavoro consiste, principalmente, nell’aver applicato il metodo tradizionalmente impiegato dall’Istituto Nazionale di Statistica per la stima della povertà in Italia ad una realtà circoscritta ma comunque rilevante, quale può essere, ad esempio, quella della popolazione residente in un contesto urbano ampio e sviluppato sotto il profilo socio-economico. I dati raccolti attraverso l’indagine campionaria che, nel corso del 2007, è stata condotta dalla Camera di Commercio e dal Comune di Milano sui consumi delle famiglie milanesi, in modo analogo a quella che l’Istat compie annualmente sui bilanci delle famiglie italiane, hanno fornito la base “ideale” per la ricerca. Quest’ultima, volta, come anticipato, a testare gli effetti della metodologia applicata a livello ufficiale per quantificare la povertà relativa in ambiti ristretti ma comunque rilevanti e significativi, potrebbe essere valutata ed interpretata anche nella prospettiva di un reimpiego della medesima procedura in altri contesti simili, quali potrebbero essere, ad esempio, gli “agglomerati” urbani di Genova, Bologna, Torino, Roma e altri ancora. I primi, sorprendenti, risultati ottenuti in fase di analisi, successivamente hanno indotto, innanzitutto, a compiere qualche verifica più approfondita in merito alla “bontà di adattamento” della base di dati a disposizione all’universo delle famiglie residenti a Milano che era chiamata a rappresentare. Assodata, per quanto possibile, la validità dei dati utilizzati per l’analisi e, quindi, accettati i risultati apparentemente alquanto “discutibili”, che mostravano una notevole diffusione della povertà relativa intesa in senso economico e stimata in base alla spesa per consumi delle famiglie, la ricerca è stata “reindirizzata” e diretta sia verso l’elaborazione di ulteriori linee di povertà relativa, basate sulla spesa per consumi mediana ed in grado di offrire possibili stime “alternative” circa l’incidenza del fenomeno della deprivazione economica nel capoluogo lombardo (e che hanno consentito, in fase di esame dei risultati, di intraprendere una sorta di “analisi di sensibilità”), sia interrogandosi circa l’opportunità di attribuire validità, a livello ufficiale, ad un’unica linea di povertà, dal momento che questa pare mediare eccessivamente tra contesti troppo differenti tra loro. Difatti, come anche altri studi hanno evidenziato, il ricorso ad un’unica soglia di povertà provoca una forte sottostima del disagio economico al Nord e, in generale, nei grandi contesti urbani italiani e sovrastima la povertà al Sud e negli ambiti rurali. Concretamente, nella ricerca in questione, la discussione è stata condotta dapprima applicando alla base di dati le linee di povertà assolute elaborate dall’Istat in base alla nuova metodologia, che ha prodotto batterie di soglie di povertà a partire dal 2005 in avanti, e, successivamente, confrontando i diversi valori ottenuti per l’headcount ratio in funzione dei diversi criteri adottati per definire l’insieme dei “poveri”. In particolare, le riflessioni che più hanno indotto a ritenere valide le elaborazioni compiute sui dati campionari sono derivate dall’osservazione che l’indice di diffusione della povertà assoluta per le famiglie milanesi nel 2007 era notevolmente più elevato (8,03%) di quello “ufficiale” calcolato per il comparto del Nord Italia (3,5%) e, comunque, decisamente ridotto rispetto a quello di incidenza della deprivazione relativa elaborato sempre per le sole famiglie residenti a Milano nel 2007 (17,05%). Una volta preso atto che, soprattutto nella specificità della popolazione residente a Milano, la linea di povertà relativa tende ad individuare, principalmente, le unità che non manifestano un comportamento di spesa per consumi “conforme” allo standard emergente nella collettività di cui costituiscono comunque parte integrante, lo studio ha trovato la sua “naturale” conclusione nell’elaborazione di un “profilo della povertà” milanese in corrispondenza di ogni batteria di soglie di deprivazione elaborata, evidenziando i tratti sociali, demografici ma anche economici (si pensi, ad esempio, al livello della spesa media per consumi delle unità qualificate come “povere”) che caratterizzano le famiglie che si collocano sotto la linea di povertà.
BLANGIARDO, GIAN CARLO
povertà assoluta; povertà relativa; linea di povertà; povertà milano
SECS-S/04 - DEMOGRAFIA
Italian
25-gen-2011
Scuola di Dottorato in Statistica e Matematica Applicata alla Finanza
STATISTICA - 11R
20
2008/2009
open
(2011). Metodi statistici per lo studio della povertà. Applicazioni e analisi della realtà milanese. (Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2011).
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