Il saggio discute alcuni esiti della ricerca recente sull’economia delle comunità rurali in Italia, che possono consentire di superare il paradigma dell’inevitabile declino cui le risorse collettive sarebbero state destinate dalla fine del medioevo. L’oggetto specifico è la posizione dei beni comuni nelle correnti della mobilità sociale. Accertata l’amplissima gamma di risorse ambientali, ma anche di edifici di rappresentanza e impianti come mulini o segherie, in cui tali patrimoni si articolavano, è possibile declinare in modo altrettanto ampio il loro ruolo, pratico e simbolico. Essi hanno concorso alla genesi dell’appartenenza collettiva, durante le fasi incoative del comune rurale e non solo, costituendo luoghi dell’identità e legittimando comportamenti economici ritenuti socialmente responsabili. Hanno alimentato circuiti di condivisione di cui è bene non sottovalutare la vitalità, offrendo opportunità di integrazione dei redditi familiari grazie a boschi, pascoli, paludi, e alimento per le politiche della carità, nonostante non siano mancate forme di accaparramento da parte dei cittadini o delle stesse élites rurali. Hanno senz’altro concorso ai fenomeni del privilegio, dell’inclusione e dell’esclusione, con le molte norme che limitavano le prerogative dei forestieri o delle donne, costituendo però un terreno di possibile incontro e scambio anche con gli appartenenti ai gruppi di minoranza.
Della Misericordia, M. (2018). Common goods in the flow of social mobility. Res, values, and distinctionin rural environments (1200–1600). In S. Carocci, I. Lazzarini (a cura di), Social Mobility in Medieval Italy (1100-1500) (pp. 319-334). Roma : Viella.
Common goods in the flow of social mobility. Res, values, and distinctionin rural environments (1200–1600)
Della Misericordia, MG
2018
Abstract
Il saggio discute alcuni esiti della ricerca recente sull’economia delle comunità rurali in Italia, che possono consentire di superare il paradigma dell’inevitabile declino cui le risorse collettive sarebbero state destinate dalla fine del medioevo. L’oggetto specifico è la posizione dei beni comuni nelle correnti della mobilità sociale. Accertata l’amplissima gamma di risorse ambientali, ma anche di edifici di rappresentanza e impianti come mulini o segherie, in cui tali patrimoni si articolavano, è possibile declinare in modo altrettanto ampio il loro ruolo, pratico e simbolico. Essi hanno concorso alla genesi dell’appartenenza collettiva, durante le fasi incoative del comune rurale e non solo, costituendo luoghi dell’identità e legittimando comportamenti economici ritenuti socialmente responsabili. Hanno alimentato circuiti di condivisione di cui è bene non sottovalutare la vitalità, offrendo opportunità di integrazione dei redditi familiari grazie a boschi, pascoli, paludi, e alimento per le politiche della carità, nonostante non siano mancate forme di accaparramento da parte dei cittadini o delle stesse élites rurali. Hanno senz’altro concorso ai fenomeni del privilegio, dell’inclusione e dell’esclusione, con le molte norme che limitavano le prerogative dei forestieri o delle donne, costituendo però un terreno di possibile incontro e scambio anche con gli appartenenti ai gruppi di minoranza.File | Dimensione | Formato | |
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