Con la sentenza annotata, la Corte di giustizia è stata chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità dei nuovi artt. 2621 e 2622 c.c. in materia di falso in bilancio, con riferimento alla prima, quarta e settima direttiva comunitaria in materia societaria. L'A. si sofferma dapprima sulle conclusioni dell'Avvocato generale che affermavano che l'obbligo comunitario doveva includere anche quello di punire efficacemente la pubblicazione di conti annuali non veri e che i nuovi articoli 2621 e 2622 c.c. non consentivano di individuare sanzioni adeguate per tali illeciti, arrivando così a costatare il contrasto tra la norma penale nazionale e quella comunitaria e propugnando la tesi della disapplicazione delle disposizioni di diritto nazionale contrastanti con quelle europee e l'applicazione della precedente normativa abrogata. L'A. esprime forti critiche nei confronti delle soluzioni prospettate dall'Avvocato generale e propone soluzioni interpretative che hanno poi trovato conferma nella decisione della Corte di giustizia che ha statuito che le direttive comunitarie non possono determinare penalizzazioni di comportamenti o aggravamenti di responsabilità nei confronti di soggetti sotto processo negli Stati membri, ribadendo così gli importanti limiti che incontra l'applicazione diretta delle direttive comunitarie in materia penale, per gli Stati membri, nel rispetto della loro autonomia.
Lanzi, A. (2006). I rapporti tra la legislazione penale nazionale e la normativa dell'Unione europea: il caso del falso in bilancio.(Nota a CGCE 3 maggio 2005 (cause riunite C-387/02 , C-392/02 e C-403/02)). RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO PUBBLICO COMUNITARIO, 16(5), 889-893.
I rapporti tra la legislazione penale nazionale e la normativa dell'Unione europea: il caso del falso in bilancio.(Nota a CGCE 3 maggio 2005 (cause riunite C-387/02 , C-392/02 e C-403/02))
LANZI, ALESSIO
2006
Abstract
Con la sentenza annotata, la Corte di giustizia è stata chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità dei nuovi artt. 2621 e 2622 c.c. in materia di falso in bilancio, con riferimento alla prima, quarta e settima direttiva comunitaria in materia societaria. L'A. si sofferma dapprima sulle conclusioni dell'Avvocato generale che affermavano che l'obbligo comunitario doveva includere anche quello di punire efficacemente la pubblicazione di conti annuali non veri e che i nuovi articoli 2621 e 2622 c.c. non consentivano di individuare sanzioni adeguate per tali illeciti, arrivando così a costatare il contrasto tra la norma penale nazionale e quella comunitaria e propugnando la tesi della disapplicazione delle disposizioni di diritto nazionale contrastanti con quelle europee e l'applicazione della precedente normativa abrogata. L'A. esprime forti critiche nei confronti delle soluzioni prospettate dall'Avvocato generale e propone soluzioni interpretative che hanno poi trovato conferma nella decisione della Corte di giustizia che ha statuito che le direttive comunitarie non possono determinare penalizzazioni di comportamenti o aggravamenti di responsabilità nei confronti di soggetti sotto processo negli Stati membri, ribadendo così gli importanti limiti che incontra l'applicazione diretta delle direttive comunitarie in materia penale, per gli Stati membri, nel rispetto della loro autonomia.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.