Il presente articolo offre una riflessione sui modelli di governance che le città stanno assumendo in risposta all'emergere del fenomeno della sharing economy. Il mercato emergente della sharing economy, stimato intorno ai 600 miliardi di dollari l’anno (PWC, Forum PA), prende forma in una specifica congiuntura caratterizzata dalla crisi economica globale iniziata nel 2008, dal fortissimo processo di urbanizzazione, che secondo il World Urbanization Prospects, Revision 2014, porterà nel 2050 il 70% della popolazione globale in città, da inquinamento ambientale e cambiamento climatico, da erosione dei legami sociali nei contesti urbani e inasprimento della disuguaglianza sociale. In questo quadro rientra anche la massiccia diffusione delle nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione: l’Internet delle Cose e i miliardi di sensori che collegano tra loro persone, oggetti e dati, grazie alla diffusione delle piattaforme e all’accesso costante alla rete, permettono di utilizzare ciò che serve solo per il tempo che serve, di connettere le persone alla pari (peer-to-peer), di accedere a risorse che altrimenti andrebbero sprecate. Questi fenomeni, qui indicati in estrema sintesi, hanno favorito l’emersione di risposte nuove, resilienti e adattive, quasi inimmaginabili qualche anno fa: pratiche più aperte, trasparenti e partecipative, basate su condivisione e collaborazione; nuovi modelli di servizio che abilitano le persone a scambiare e condividere beni, spazi e competenze, promuovendo stili di vita che prediligono il risparmio, la ridistribuzione del denaro e la socializzazione. Le pratiche sono le più svariate: si va dagli spazi di lavoro condivisi (co-working) a forme di scambio legate alla mobilità (carsharing, bikesharing, carpooling) o all’accoglienza (couchsurfing, housing swap…), dal co-housing ai servizi di welfare (come le Social Street), dagli spazi di progettazione e produzione comune (makerspaces, FabLab) agli orti urbani condivisi, passando per il settore della finanza (peer-to-peer lending, monete complementari, assicurazioni collaborative, crowdfunding…) e dell’educazione (collaborative learning, open courses, condivisione di competenze…). La varietà delle pratiche rende sempre più difficile definire il fenomeno in modo univoco (Bostman, 2013), benché sia generalmente indicato come sharing economy. Non mancano poi limiti e deformazioni del concetto originario di condivisione, che finiscono col sollevare dubbi sulla natura, le prospettive e gli impatti della Sharing Economy; non solo per gli esperti, ma anche per i cittadini che s’interrogano sull’utilità o meno di queste pratiche, per le grandi imprese incerte sul fatto che si tratti di un’opportunità o di una minaccia, e per i governi, perplessi e in dubbio tra promozione, regolazione e divieto. È su questo livello, quello delle Pubbliche Amministrazioni, che si concentra il lavoro, in quanto le PA rappresentano un attore imprescindibile del sistema, capace di agire in modo regolativo o orientativo, con il potenziale per trasformare in realtà idee di iniziative collaborative, per sviluppare opportunità nascoste e definire strategie innovative per lo sviluppo locale; possono farsi soggetto abilitante, piattaforma di promozione delle opportunità dei servizi collaborativi, di creazione di consapevolezza nei cittadini e di facilitazione dei processi del nuovo modello economico, regolamentando senza però frenare il fenomeno. Di fatto, e aggiungo fortunatamente, le PA iniziano ad interrogarsi sul fenomeno, come dimostra l’attenzione al tema in occasione di FORUM PA 2015 e, in generale, il dibattito attuale. Riflessioni, sperimentazioni, nuovi strumenti e tools ad hoc per PA e governi stanno aumentando. Il presente lavoro propone un inquadramento generale su queste esperienze emergenti, per poi guardare nello specifico a due realtà che, seppur molto diverse, hanno deciso di supportare in modo strutturato servizi e piattaforme di sharing economy a beneficio dei propri cittadini: Milano e Seoul. Le due città si caratterizzano per l’adozione di approcci quasi antitetici: se a Milano la riflessione sul fenomeno è emersa quasi spontaneamente dal basso e ha trovato nella pubblica amministrazione un ascoltatore attento capace di farsi collettore di esperienze, a Seoul lo slancio iniziale è invece partito dallo stesso sindaco, avviando un’ondata di innovazione a cascata che sta generando un vero e proprio ecosistema di condivisione. La ricerca è stata condotta adottando l’approccio dell’osservazione partecipante (in special modo per il caso italiano), monitorando gli step di sviluppo della riflessione e prendendo parte alle tavole rotonde, agli incontri pubblici, alle iniziative locali, nonché approfondendo i materiali istituzionali, divulgativi e scientifici in materia. È stato inoltre utilizzato lo strumento dell’intervista semi-strutturata per intercettare i key players di Milano Sharing City e Seoul Sharing City, nell’ottica di ricostruire i processi, il quadro generale in cui si è inserita la riflessione, gli esiti attuali e le possibilità future. Obiettivo dell’indagine è capire quale modello di governance è stato adottato e in che termini si può parlare di “governance collaborativa” per dirla utilizzando la definizione elaborata da Christian Iaione (LUISS “Guido Carli” – LabGov)

Bernardi, M., Diamantini, D. (2016). I Modelli Di Governance della Sharing Economy. Due casi a confronto: Milano Sharing City e Sharing City Seoul. In E. Polizzi, M. Bassoli (a cura di), Le Politiche della Condivisione. La sharing economy incontra il pubblico (pp. 105-136). Milano : Giuffrè.

I Modelli Di Governance della Sharing Economy. Due casi a confronto: Milano Sharing City e Sharing City Seoul

Bernardi, M;Diamantini, D
2016

Abstract

Il presente articolo offre una riflessione sui modelli di governance che le città stanno assumendo in risposta all'emergere del fenomeno della sharing economy. Il mercato emergente della sharing economy, stimato intorno ai 600 miliardi di dollari l’anno (PWC, Forum PA), prende forma in una specifica congiuntura caratterizzata dalla crisi economica globale iniziata nel 2008, dal fortissimo processo di urbanizzazione, che secondo il World Urbanization Prospects, Revision 2014, porterà nel 2050 il 70% della popolazione globale in città, da inquinamento ambientale e cambiamento climatico, da erosione dei legami sociali nei contesti urbani e inasprimento della disuguaglianza sociale. In questo quadro rientra anche la massiccia diffusione delle nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione: l’Internet delle Cose e i miliardi di sensori che collegano tra loro persone, oggetti e dati, grazie alla diffusione delle piattaforme e all’accesso costante alla rete, permettono di utilizzare ciò che serve solo per il tempo che serve, di connettere le persone alla pari (peer-to-peer), di accedere a risorse che altrimenti andrebbero sprecate. Questi fenomeni, qui indicati in estrema sintesi, hanno favorito l’emersione di risposte nuove, resilienti e adattive, quasi inimmaginabili qualche anno fa: pratiche più aperte, trasparenti e partecipative, basate su condivisione e collaborazione; nuovi modelli di servizio che abilitano le persone a scambiare e condividere beni, spazi e competenze, promuovendo stili di vita che prediligono il risparmio, la ridistribuzione del denaro e la socializzazione. Le pratiche sono le più svariate: si va dagli spazi di lavoro condivisi (co-working) a forme di scambio legate alla mobilità (carsharing, bikesharing, carpooling) o all’accoglienza (couchsurfing, housing swap…), dal co-housing ai servizi di welfare (come le Social Street), dagli spazi di progettazione e produzione comune (makerspaces, FabLab) agli orti urbani condivisi, passando per il settore della finanza (peer-to-peer lending, monete complementari, assicurazioni collaborative, crowdfunding…) e dell’educazione (collaborative learning, open courses, condivisione di competenze…). La varietà delle pratiche rende sempre più difficile definire il fenomeno in modo univoco (Bostman, 2013), benché sia generalmente indicato come sharing economy. Non mancano poi limiti e deformazioni del concetto originario di condivisione, che finiscono col sollevare dubbi sulla natura, le prospettive e gli impatti della Sharing Economy; non solo per gli esperti, ma anche per i cittadini che s’interrogano sull’utilità o meno di queste pratiche, per le grandi imprese incerte sul fatto che si tratti di un’opportunità o di una minaccia, e per i governi, perplessi e in dubbio tra promozione, regolazione e divieto. È su questo livello, quello delle Pubbliche Amministrazioni, che si concentra il lavoro, in quanto le PA rappresentano un attore imprescindibile del sistema, capace di agire in modo regolativo o orientativo, con il potenziale per trasformare in realtà idee di iniziative collaborative, per sviluppare opportunità nascoste e definire strategie innovative per lo sviluppo locale; possono farsi soggetto abilitante, piattaforma di promozione delle opportunità dei servizi collaborativi, di creazione di consapevolezza nei cittadini e di facilitazione dei processi del nuovo modello economico, regolamentando senza però frenare il fenomeno. Di fatto, e aggiungo fortunatamente, le PA iniziano ad interrogarsi sul fenomeno, come dimostra l’attenzione al tema in occasione di FORUM PA 2015 e, in generale, il dibattito attuale. Riflessioni, sperimentazioni, nuovi strumenti e tools ad hoc per PA e governi stanno aumentando. Il presente lavoro propone un inquadramento generale su queste esperienze emergenti, per poi guardare nello specifico a due realtà che, seppur molto diverse, hanno deciso di supportare in modo strutturato servizi e piattaforme di sharing economy a beneficio dei propri cittadini: Milano e Seoul. Le due città si caratterizzano per l’adozione di approcci quasi antitetici: se a Milano la riflessione sul fenomeno è emersa quasi spontaneamente dal basso e ha trovato nella pubblica amministrazione un ascoltatore attento capace di farsi collettore di esperienze, a Seoul lo slancio iniziale è invece partito dallo stesso sindaco, avviando un’ondata di innovazione a cascata che sta generando un vero e proprio ecosistema di condivisione. La ricerca è stata condotta adottando l’approccio dell’osservazione partecipante (in special modo per il caso italiano), monitorando gli step di sviluppo della riflessione e prendendo parte alle tavole rotonde, agli incontri pubblici, alle iniziative locali, nonché approfondendo i materiali istituzionali, divulgativi e scientifici in materia. È stato inoltre utilizzato lo strumento dell’intervista semi-strutturata per intercettare i key players di Milano Sharing City e Seoul Sharing City, nell’ottica di ricostruire i processi, il quadro generale in cui si è inserita la riflessione, gli esiti attuali e le possibilità future. Obiettivo dell’indagine è capire quale modello di governance è stato adottato e in che termini si può parlare di “governance collaborativa” per dirla utilizzando la definizione elaborata da Christian Iaione (LUISS “Guido Carli” – LabGov)
Capitolo o saggio
sharing economy; sharing cities; collaborative economy; governance; Milano; Seoul
Italian
Le Politiche della Condivisione. La sharing economy incontra il pubblico
Polizzi, E; Bassoli, M
2016
978-88-14-21569-8
Giuffrè
105
136
Bernardi, M., Diamantini, D. (2016). I Modelli Di Governance della Sharing Economy. Due casi a confronto: Milano Sharing City e Sharing City Seoul. In E. Polizzi, M. Bassoli (a cura di), Le Politiche della Condivisione. La sharing economy incontra il pubblico (pp. 105-136). Milano : Giuffrè.
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