La presente ricerca è stata orientata dall’obiettivo di analizzare i processi decisionali e gli esiti degli interventi dei servizi di tutela minori nei casi segnalati per esposizione alla violenza domestica. Nei casi di violenza domestica i servizi di tutela minori sono spesso accusati di focalizzare l’attenzione sulla protezione del bambino, trascurando di considerare i bisogni della madre, vittima di abuso. Numerose sono state le tensioni tra i movimenti a difesa delle donne e i servizi sociali. La risposta dei servizi nordamericani a tale scontro di prospettive è stata l’avvio di raccolte dati sul fenomeno e ricerche empiriche per valutare la qualità dei servizi offerti. Il presente lavoro di tesi porta un contributo a questa letteratura, focalizzandosi sullo studio delle pratiche nei servizi di child protection della Provincia dell’Ontario. L’analisi è stata condotta su un campione di 34000 casi segnalati dal 1 Gennaio 2008 al 31 Dicembre 2010 in sei agenzie dell’Ontario. L’analisi degli alberi di classificazione (CART) è stata scelta come le tecnica migliore per costruire due modelli predittivi riferiti a: 1) la decisione di aprire i casi alla protezione minori e 2) l’evento di recidiva di maltrattamento, definito come nuova indagine entro un periodo di 12 mesi dalla prima segnalazione. In generale, l’analisi ha rilevato una buona capacità dei servizi di intercettare il fenomeno, dovuta anche all’introduzione di un modello di decision-making strutturato che orienta in maniera efficace i professionisti. La EDV è ampiamente diffusa (40.7%) tra le famiglie segnalate, con conseguenze sui bambini nel 32.4% dei casi. Le situazioni di co-occorrenza sembrano le più complesse, in termini di presenza di fattori di rischio e problemi per la sicurezza dei bambini. Il tasso di casi aperti alla tutela minori è di conseguenza nettamente più elevato (35.3%), rispetto ai casi dove l’EDV è l’unico problema rilevato (15.8%). L’accusa di intrusività spesso mossa ai servizi sociali non sembra dunque giustificata, almeno in questa realtà. L’analisi multivariata mostra come la presenza di violenza tra adulti sia una variabile significativa nel determinare la scelta della presa in carico, ma solo a certe condizioni, ovvero quando questo problema viene identificato come una minaccia alla sicurezza dei bambini. In generale, i professionisti non considerano la presenza di un singolo problema come dannosa in sé, bensì decidono per l’intervento quando una molteplicità di fattori interagiscono in situazioni ad alta complessità. Un elemento di preoccupazione riguarda tuttavia l’elevato numero di famiglie valutate dalla tutela minori senza ricevere alcun servizio e questo sembra connesso ad una variabile organizzativa. Le situazioni in cui i professionisti non hanno a disposizione adeguate evidenze vengono chiuse nel 92% dei casi. La seconda fase dello studio ha analizzato quali sono i fattori associati alla probabilità di un esito negativo, ovvero la recidiva di maltrattamento. La variabile più importante nel determinare gli esiti di questi casi è la decisione di intervenire: i casi chiusi hanno una probabilità di recidiva nettamente superiore ai casi presi in carico (25.6 vs 6.1). Lo studio conferma come la presenza di una molteplicità di fattori di rischio aumenti la probabilità di recidiva nelle situazioni che non ricevono servizi. Il criterio dell’assenza di evidenza utilizzato per decidere di chiudere oltre tre quarti dei casi, anche in presenza di fattori di rischio, sembra dunque problematico. Dato l’elevato numero di casi chiusi che rientrano nel sistema, la definizione di servizi a sostegno di queste famiglie per la prevenzione della recidiva, anche in assenza di evidenze oggettive e non necessariamente nella cornice della tutela minori, potrebbe individuare una soluzione efficace.
(2015). Domestic violence and the child protection system: a study of case decisions and outcomes in Ontario. (Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015).
Domestic violence and the child protection system: a study of case decisions and outcomes in Ontario
SANFELICI, MARA
2015
Abstract
La presente ricerca è stata orientata dall’obiettivo di analizzare i processi decisionali e gli esiti degli interventi dei servizi di tutela minori nei casi segnalati per esposizione alla violenza domestica. Nei casi di violenza domestica i servizi di tutela minori sono spesso accusati di focalizzare l’attenzione sulla protezione del bambino, trascurando di considerare i bisogni della madre, vittima di abuso. Numerose sono state le tensioni tra i movimenti a difesa delle donne e i servizi sociali. La risposta dei servizi nordamericani a tale scontro di prospettive è stata l’avvio di raccolte dati sul fenomeno e ricerche empiriche per valutare la qualità dei servizi offerti. Il presente lavoro di tesi porta un contributo a questa letteratura, focalizzandosi sullo studio delle pratiche nei servizi di child protection della Provincia dell’Ontario. L’analisi è stata condotta su un campione di 34000 casi segnalati dal 1 Gennaio 2008 al 31 Dicembre 2010 in sei agenzie dell’Ontario. L’analisi degli alberi di classificazione (CART) è stata scelta come le tecnica migliore per costruire due modelli predittivi riferiti a: 1) la decisione di aprire i casi alla protezione minori e 2) l’evento di recidiva di maltrattamento, definito come nuova indagine entro un periodo di 12 mesi dalla prima segnalazione. In generale, l’analisi ha rilevato una buona capacità dei servizi di intercettare il fenomeno, dovuta anche all’introduzione di un modello di decision-making strutturato che orienta in maniera efficace i professionisti. La EDV è ampiamente diffusa (40.7%) tra le famiglie segnalate, con conseguenze sui bambini nel 32.4% dei casi. Le situazioni di co-occorrenza sembrano le più complesse, in termini di presenza di fattori di rischio e problemi per la sicurezza dei bambini. Il tasso di casi aperti alla tutela minori è di conseguenza nettamente più elevato (35.3%), rispetto ai casi dove l’EDV è l’unico problema rilevato (15.8%). L’accusa di intrusività spesso mossa ai servizi sociali non sembra dunque giustificata, almeno in questa realtà. L’analisi multivariata mostra come la presenza di violenza tra adulti sia una variabile significativa nel determinare la scelta della presa in carico, ma solo a certe condizioni, ovvero quando questo problema viene identificato come una minaccia alla sicurezza dei bambini. In generale, i professionisti non considerano la presenza di un singolo problema come dannosa in sé, bensì decidono per l’intervento quando una molteplicità di fattori interagiscono in situazioni ad alta complessità. Un elemento di preoccupazione riguarda tuttavia l’elevato numero di famiglie valutate dalla tutela minori senza ricevere alcun servizio e questo sembra connesso ad una variabile organizzativa. Le situazioni in cui i professionisti non hanno a disposizione adeguate evidenze vengono chiuse nel 92% dei casi. La seconda fase dello studio ha analizzato quali sono i fattori associati alla probabilità di un esito negativo, ovvero la recidiva di maltrattamento. La variabile più importante nel determinare gli esiti di questi casi è la decisione di intervenire: i casi chiusi hanno una probabilità di recidiva nettamente superiore ai casi presi in carico (25.6 vs 6.1). Lo studio conferma come la presenza di una molteplicità di fattori di rischio aumenti la probabilità di recidiva nelle situazioni che non ricevono servizi. Il criterio dell’assenza di evidenza utilizzato per decidere di chiudere oltre tre quarti dei casi, anche in presenza di fattori di rischio, sembra dunque problematico. Dato l’elevato numero di casi chiusi che rientrano nel sistema, la definizione di servizi a sostegno di queste famiglie per la prevenzione della recidiva, anche in assenza di evidenze oggettive e non necessariamente nella cornice della tutela minori, potrebbe individuare una soluzione efficace.File | Dimensione | Formato | |
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Descrizione: tesi dottorato
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Doctoral thesis
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