La ricerca è stata condotta mediante l’osservazione dei comportamenti degli attori di una particolare comunità di appassionati sportivi, come l’Unione Ciclistica Costamasnaga, e l’interazione con molti di essi, ma anche mediante la pratica attiva dei momenti caratterizzanti l’esperienza agonistica, da parte dello stesso ricercatore. I dati offerti da questo lavoro sono stati interpretati attraverso un confronto con la letteratura, che propone analisi e riflessioni di molti autori significativi, che hanno operato e operano nel campo delle scienze umane. Questo ha consentito di studiare i tempi e i modi attraverso cui un gioco, come quello di un bambino che impara a pedalare sulla sua bicicletta, si trasforma in un’attività sportiva, segnata progressivamente e sempre più decisamente in senso agonistico. La “società” scelta come campo di indagine rappresenta una eccezione per la sua longevità tra le associazioni ciclistiche della Brianza. Peraltro essa testimonia una presenza comune in Lombardia della passione per lo sport della bicicletta, nel contesto sociale ed economico di un territorio che, nel giro di un secolo, è passato dalla prevalenza dell’agricoltura e da una precoce industrializzazione a un’economia caratterizzata da una imprenditorialità artigiana diffusa. Con questa ricerca si è cercato di verificare l’esistenza di una funzionalità di pratiche, atteggiamenti e valori, sollecitati dall’esperienza agonistica che impegna in uno sport individuale, ma che non può però fare a meno della squadra, rispetto alle esigenze morali ed economiche del contesto locale. Le norme ed i valori che si riscontrano nei discorsi e nei comportamenti dei protagonisti – dirigenti, sponsor, allenatori, genitori, ragazzi - si presentano come un intreccio, complesso e talora contraddittorio, di indicazioni derivate da differenti eredità culturali, anche remote, in cui necessità economiche e doveri morali cercano di convivere nella pratica degli attori e nella rappresentazione che essi danno della loro passione. Grazie ad associazioni come l’U.C. Costamasnaga, di cui viene mostrata la notevole organizzazione e l’enorme impegno, basati essenzialmente sul lavoro volontario, oltre che la capacità di ottenere un riconoscimento pubblico dai soggetti politici locali, molti bambini e diverse bambine, ogni anno, iniziano la loro carriera di piccoli corridori, che in vari casi hanno condotto fino al professionismo. Spesso attraverso esperienze vissute con gli adulti della famiglia, il ragazzo passa dal gioco infantile alla “passione”, alimentata dagli esempi offerti dagli adulti, seguiti dal bambino sia come fruitori sia come protagonisti dello spettacolo sportivo. Il ragazzo acquisisce, progressivamente, una serie di tecniche del corpo e di atteggiamenti mentali, indispensabili per gareggiare in bicicletta, che possono portarlo anche a vivere solo di ciclismo, con una carriera professionistica che, anche passando attraverso le insidie del doping, si conclude sempre con la possibilità (e la necessità) di spendere il capitale culturale e sociale accumulato in una nuova attività: questo avviene nell’azienda di famiglia, nell’ambiente dello sport ciclistico con le diverse professionalità che richiede, o in un lavoro che possa mettere a profitto le relazioni costruite in molti anni di pratica sportiva.

(2015). Un antropologo in bicicletta: etnografia di una associazione ciclistica giovanile. (Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015).

Un antropologo in bicicletta: etnografia di una associazione ciclistica giovanile

PIROVANO, MASSIMO
2015

Abstract

La ricerca è stata condotta mediante l’osservazione dei comportamenti degli attori di una particolare comunità di appassionati sportivi, come l’Unione Ciclistica Costamasnaga, e l’interazione con molti di essi, ma anche mediante la pratica attiva dei momenti caratterizzanti l’esperienza agonistica, da parte dello stesso ricercatore. I dati offerti da questo lavoro sono stati interpretati attraverso un confronto con la letteratura, che propone analisi e riflessioni di molti autori significativi, che hanno operato e operano nel campo delle scienze umane. Questo ha consentito di studiare i tempi e i modi attraverso cui un gioco, come quello di un bambino che impara a pedalare sulla sua bicicletta, si trasforma in un’attività sportiva, segnata progressivamente e sempre più decisamente in senso agonistico. La “società” scelta come campo di indagine rappresenta una eccezione per la sua longevità tra le associazioni ciclistiche della Brianza. Peraltro essa testimonia una presenza comune in Lombardia della passione per lo sport della bicicletta, nel contesto sociale ed economico di un territorio che, nel giro di un secolo, è passato dalla prevalenza dell’agricoltura e da una precoce industrializzazione a un’economia caratterizzata da una imprenditorialità artigiana diffusa. Con questa ricerca si è cercato di verificare l’esistenza di una funzionalità di pratiche, atteggiamenti e valori, sollecitati dall’esperienza agonistica che impegna in uno sport individuale, ma che non può però fare a meno della squadra, rispetto alle esigenze morali ed economiche del contesto locale. Le norme ed i valori che si riscontrano nei discorsi e nei comportamenti dei protagonisti – dirigenti, sponsor, allenatori, genitori, ragazzi - si presentano come un intreccio, complesso e talora contraddittorio, di indicazioni derivate da differenti eredità culturali, anche remote, in cui necessità economiche e doveri morali cercano di convivere nella pratica degli attori e nella rappresentazione che essi danno della loro passione. Grazie ad associazioni come l’U.C. Costamasnaga, di cui viene mostrata la notevole organizzazione e l’enorme impegno, basati essenzialmente sul lavoro volontario, oltre che la capacità di ottenere un riconoscimento pubblico dai soggetti politici locali, molti bambini e diverse bambine, ogni anno, iniziano la loro carriera di piccoli corridori, che in vari casi hanno condotto fino al professionismo. Spesso attraverso esperienze vissute con gli adulti della famiglia, il ragazzo passa dal gioco infantile alla “passione”, alimentata dagli esempi offerti dagli adulti, seguiti dal bambino sia come fruitori sia come protagonisti dello spettacolo sportivo. Il ragazzo acquisisce, progressivamente, una serie di tecniche del corpo e di atteggiamenti mentali, indispensabili per gareggiare in bicicletta, che possono portarlo anche a vivere solo di ciclismo, con una carriera professionistica che, anche passando attraverso le insidie del doping, si conclude sempre con la possibilità (e la necessità) di spendere il capitale culturale e sociale accumulato in una nuova attività: questo avviene nell’azienda di famiglia, nell’ambiente dello sport ciclistico con le diverse professionalità che richiede, o in un lavoro che possa mettere a profitto le relazioni costruite in molti anni di pratica sportiva.
FABIETTI, UGO ENZO MAURO
ciclismo; apprendistato; agonismo; sport; corpo; associazione sportiva; cultura sportiva; carriera sportiva
M-DEA/01 - DISCIPLINE DEMOETNOANTROPOLOGICHE
Italian
23-mar-2015
Scuola di Dottorato in Scienze Umane
ANTROPOLOGIA DELLA CONTEMPORANEITA': ETNOGRAFIA DELLE DIVERSITA' E DELLE CONVERGENZE CULTURALI - 40R
26
2013/2014
open
(2015). Un antropologo in bicicletta: etnografia di una associazione ciclistica giovanile. (Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015).
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Descrizione: Tesi dottorato
Tipologia di allegato: Doctoral thesis
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10281/77530
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