Arte contemporanea e biodiversità. Dalle mostre alle collezioni museali. Per una prospettiva globale

The book emerges from the convergence between contemporary art, curatorship and environmental sciences within the framework of the National Biodiversity Future Center (NBFC). It proposes biodiversity not as a simple natural backdrop, but as a cultural and political construct capable of shaping display approaches and exhibition choices. The research traces the evolution of artistic and curatorial practices within art museums, focusing on the period from 2015 onwards, following the official adoption of the 2030 Agenda by the United Nations, and in dialogue with the new ICOM museum definition of 2022, which incorporates the notion of sustainability. Opening with a preface by Nunzia Borrelli – Associate Professor of Environmental Sociology at the University of Milano-Bicocca and head of the group of territorial sociologists within Spoke 7 of the NBFC (National Biodiversity Future Center) – the volume is followed by an introduction, a review of the scholarly literature and three comparative chapters. The first maps the Mediterranean as a biocultural hotspot, showing how art museums turn biodiversity into a curatorial criterion, drawing on disciplines ranging from maritime history and political geography to the sociology of labour. The second looks at the Global South, where Indigenous knowledge and decolonial practices shift the focus from mere representation to practices of caring for territories through collective perspectives, and where acquisition policies include works with a strong environmental dimension. The third examines the Global North: in Australia, the centrality of Country and of First Nations accompanies the transition from “decolonising” to “indigenising”; in Europe and North America, biodiversity is tied to climate governance and configured as a political-epistemic construction site for investigating relations between living beings. The book concludes with a section devoted to findings, limitations and future perspectives. The research method weaves together the analysis of artworks, displays, collections and editorial materials as forms of public “evidence”: biodiversity is read as a curatorial device that renegotiates the responsibilities and regimes of visibility of institutions. The volume offers a repertoire of case studies – exhibitions, acquisitions, rehangs – and conceptual tools that are useful for designing policies and cultural mediation practices in the museum field. It is addressed to curators, artists, researchers and sector professionals – from directors and art-museum staff to experts in environmental humanities and cultural policies – who are interested in contemporary art, biodiversity and public impact.

Il libro nasce dalla convergenza tra arte contemporanea, curatela e scienze ambientali dentro l’orizzonte del National Biodiversity Future Center (NBFC), e propone la biodiversità non come semplice sfondo naturalistico, ma come costrutto culturale e politico capace di orientare allestimenti e scelte espositive. La ricerca condotta osserva l’evoluzione di pratiche artistiche e curatoriali all’interno dei musei d’arte, con un focus dal 2015 in poi, in seguito all’adozione ufficiale dell’Agenda 2030 da parte delle Nazioni Unite, e in dialogo con la nuova definizione del museo di ICOM del 2022 che include il termine sostenibilità al suo interno. In apertura la prefazione di Nunzia Borrelli – Professore Associato di Sociologia del Territorio presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca e responsabile del gruppo di sociologi del territorio nell’ambito dello Spoke 7 del NBFC (National Biodiversity Future Center) – è seguita da un’introduzione, da una revisione della letteratura scientifica e da tre capitoli comparativi. Il primo mappa il Mediterraneo come hotspot bio-culturale, mostrando come i musei d’arte trasformino la biodiversità in criterio curatoriale, avvalendosi di discipline che vanno dalla storia marittima, alla geografia politica, fino alla sociologia del lavoro. Il secondo guarda al Global South, dove saperi indigeni e pratiche decoloniali spostano l’attenzione dalla sola rappresentazione a pratiche di cura dei territori secondo prospettive corali, e dove politiche di acquisizione includono opere a forte evidenza ambientale. Il terzo esamina il Global North: in Australia la centralità di Country e delle First Nations accompagna il passaggio da “decolonizzare” ad “indigenizzare”; in Europa e Nord America la biodiversità si collega alla governance climatica, e si configura come cantiere politico-epistemico per indagare le relazioni tra esseri viventi. In chiusura, una sezione dedicata a risultati, limiti e prospettive future. Il metodo di ricerca intreccia analisi di opere, display, collezioni e materiali editoriali come “prove” pubbliche: la biodiversità è letta come dispositivo curatoriale che rinegozia responsabilità e regimi di visibilità delle istituzioni. Il volume offre un repertorio di casi studio: mostre, acquisizioni, riallestimenti – e strumenti concettuali utili a progettare politiche e mediazioni culturali in ambito museale. Si rivolge a curatori, artisti, ricercatori ed esperti del settore – dai direttori, ai professionisti dei musei d’arte, agli esperti di environmental humanities a quelli di cultural policies – interessati ad arte contemporanea, biodiversità e impatto pubblico.