Le relazioni tra gruppi etnici, l’integrazione degli immigrati nei paesi di accoglienza, la convivenza tra neo-arrivati e autoctoni, le derive razziste sono temi a cui la psicologia sociale, attribuisce sempre maggiore centralità. In questo filone di studi è andata delineandosi la prospettiva interculturale (Mantovani, 2004, 2008b). Essa si contrappone all’approccio “multiculturale”, cui viene attribuito una concezione reificante di cultura per cui le culture sarebbero delle “proprietà” degli individui e dei gruppi (Mantovani, 2004).L’attenzione al territorio e le ricerche situate in contesti reali e specifici possono essere pensate come un modo di costruire un particolare “oggetto” di ricerca in risposta ai suggerimenti della prospettiva interculturale. Fare ricerca sul “territorio”, infatti, permette di rinunciare all’utilizzo di categorie culturali determinate e definite, per focalizzarsi piuttosto sulle situazioni di contatto e di interazione culturale ed analizzare i processi di negoziazione di significati e di trasformazione delle pratiche sociali che così si innescano (Schiavinato, Soru, 2008). In questa prospettiva il territorio non è pensato quale luogo circoscritto e statico delle cristallizzazioni culturali (come nella tradizione antropologica della ricerca sul campo), né come una semplice declinazione dell’abitare e dell’appartenere (come nelle retoriche dei movimenti politici localisti), ma corrisponde piuttosto ad una geografia dai confini mobili, che vengono continuamente attraversati e ridefiniti. Attraverso una ricerca etnografica abbiamo deciso di concentrarci su una specifica “zona di contatto”, intesa come un territorio, un luogo fisico di interazione tra autoctoni e immigrati. La scelta è caduta su un quartiere della periferia sud di Milano, caratterizzato da una forte densità di edilizia residenziale pubblica, socialmente popolare e con una storia di immigrazione prima dal Sud Italia ora dal Sud del Mondo. Diverse questioni analitiche e metodologiche vanno affrontate per garantire la rilevanza sociale di una ricerca che si concentra su un oggetto di ricerca e su un setting così specifici e contemporaneamente tanto compositi e articolati. E’ infatti fondamentale la scelta degli indicatori attraverso i quali sia possibile cogliere analiticamente cosa avvenga in queste “zone di contatto”, in cui le frontiere e i confini etnici sono confusi e dove i processi di ibridazione sono inevitabilmente diffusi, quando individui e gruppi di provenienze differenti non possono che entrare in relazione gli uni con gli altri (Manzo, 2009). Nel nostro caso si è deciso di suddividere la rilevazione in differenti fasi e livelli. I principali dei quali sono: la rappresentazione mediatica, i testimoni privilegiati, le narrazioni degli abitanti, l’osservazione di scenari di vita quotidiana. Importante è anche, quando si scelgono setting di ricerca situati in un tempo e in un luogo ben preciso, approfondire come poi le esperienze interindividuali vengano condivise e replicate all’interno della comunità e/o come costruiscano un sapere comune (Arcidiacono, 2010); e come tali esperienze specifiche e quotidiane contribuiscano poi alla costruzione di capitale sociale e coesione all'interno del quartiere e nel contesto urbano più complessivo (Camussi, Grosso Gonçalves, Pirovano, 2010).

(2012). Da paesi lontani a vicini di casa: una ricerca etnografica sulle pratiche di convivenza in un quartiere periferico di Milano. (Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2012).

Da paesi lontani a vicini di casa: una ricerca etnografica sulle pratiche di convivenza in un quartiere periferico di Milano

PIROVANO, ANITA
2012

Abstract

Le relazioni tra gruppi etnici, l’integrazione degli immigrati nei paesi di accoglienza, la convivenza tra neo-arrivati e autoctoni, le derive razziste sono temi a cui la psicologia sociale, attribuisce sempre maggiore centralità. In questo filone di studi è andata delineandosi la prospettiva interculturale (Mantovani, 2004, 2008b). Essa si contrappone all’approccio “multiculturale”, cui viene attribuito una concezione reificante di cultura per cui le culture sarebbero delle “proprietà” degli individui e dei gruppi (Mantovani, 2004).L’attenzione al territorio e le ricerche situate in contesti reali e specifici possono essere pensate come un modo di costruire un particolare “oggetto” di ricerca in risposta ai suggerimenti della prospettiva interculturale. Fare ricerca sul “territorio”, infatti, permette di rinunciare all’utilizzo di categorie culturali determinate e definite, per focalizzarsi piuttosto sulle situazioni di contatto e di interazione culturale ed analizzare i processi di negoziazione di significati e di trasformazione delle pratiche sociali che così si innescano (Schiavinato, Soru, 2008). In questa prospettiva il territorio non è pensato quale luogo circoscritto e statico delle cristallizzazioni culturali (come nella tradizione antropologica della ricerca sul campo), né come una semplice declinazione dell’abitare e dell’appartenere (come nelle retoriche dei movimenti politici localisti), ma corrisponde piuttosto ad una geografia dai confini mobili, che vengono continuamente attraversati e ridefiniti. Attraverso una ricerca etnografica abbiamo deciso di concentrarci su una specifica “zona di contatto”, intesa come un territorio, un luogo fisico di interazione tra autoctoni e immigrati. La scelta è caduta su un quartiere della periferia sud di Milano, caratterizzato da una forte densità di edilizia residenziale pubblica, socialmente popolare e con una storia di immigrazione prima dal Sud Italia ora dal Sud del Mondo. Diverse questioni analitiche e metodologiche vanno affrontate per garantire la rilevanza sociale di una ricerca che si concentra su un oggetto di ricerca e su un setting così specifici e contemporaneamente tanto compositi e articolati. E’ infatti fondamentale la scelta degli indicatori attraverso i quali sia possibile cogliere analiticamente cosa avvenga in queste “zone di contatto”, in cui le frontiere e i confini etnici sono confusi e dove i processi di ibridazione sono inevitabilmente diffusi, quando individui e gruppi di provenienze differenti non possono che entrare in relazione gli uni con gli altri (Manzo, 2009). Nel nostro caso si è deciso di suddividere la rilevazione in differenti fasi e livelli. I principali dei quali sono: la rappresentazione mediatica, i testimoni privilegiati, le narrazioni degli abitanti, l’osservazione di scenari di vita quotidiana. Importante è anche, quando si scelgono setting di ricerca situati in un tempo e in un luogo ben preciso, approfondire come poi le esperienze interindividuali vengano condivise e replicate all’interno della comunità e/o come costruiscano un sapere comune (Arcidiacono, 2010); e come tali esperienze specifiche e quotidiane contribuiscano poi alla costruzione di capitale sociale e coesione all'interno del quartiere e nel contesto urbano più complessivo (Camussi, Grosso Gonçalves, Pirovano, 2010).
CAMUSSI, ELISABETTA
psicologia sociale, etnografia urbana, ricerca situata, intercultura
M-PSI/05 - PSICOLOGIA SOCIALE
Italian
11-gen-2012
Scuola di Dottorato in Psicologia e Scienze Cognitive
PSICOLOGIA SOCIALE, COGNITIVA E CLINICA - 63R
23
2010/2011
open
(2012). Da paesi lontani a vicini di casa: una ricerca etnografica sulle pratiche di convivenza in un quartiere periferico di Milano. (Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2012).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10281/29396
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