Nel 1979, nel suo celebre libro The Child in the City, Colin Ward proponeva una lettura anti- autoritaria del controllo esercitato da parte del mondo “adulto” sugli spazi urbani. La sua riflessione ha costituito un momento chiave per l’analisi della relazione tra infanzia e spazio pubblico all’interno delle scienze sociali. Nel 2000 le geografe Sarah Holloway e Gill Valentine pubblicavano il primo manuale specificamente dedicato ai luoghi della “geografia dei bambini”. Proprio i luoghi del quotidiano, da una parte, e lo spazio pubblico, dall’altra, sono gli assi tematici sui quali, da ormai quasi vent’anni, si regge la riflessione teorica di quel campo di analisi spaziale conosciuto come Children’s Geography. Questo binomio, infatti, consente di mettere a fuoco due oggetti di studio fondamentali: da una parte le pratiche e le rappresentazioni che compongono le geografie del quotidiano, appunto i luoghi, e dall’altra i meccanismi che delegittimano i bambini e le bambine come attori socio-spaziali (Reynaud 1984). Si tratta di due temi legati al più ampio quadro epistemologico della geografia culturale contemporanea, il che giustifica, in qualche modo, il posizionamento della geografia dei bambini all’interno della “nuova geografia culturale” (Bonazzi 2010). La geografia anglosassone, soprattutto di matrice britannica, ha prodotto una significativa quantità di studi di caso dedicati alla Children’s Geography, oltre a diversi saggi e manuali che hanno contribuito, all’interno di quel contesto culturale e scientifico, a tracciare una distanza rispetto alle ricerche sulla didattica della geografia, ovvero lo spazio disciplinare più affine. Questo volume si inserisce all’interno di questo impianto teorico, infatti l’obiettivo centrale è proporre un quadro di riferimento in lingua italiana che presenti le tematiche e i campi di studio della “geografia dei bambini”. La relazione tra spazio e infanzia è un oggetto di studio fortemente pluridisciplinare. La riflessione qui sviluppata non trascura questa premessa, tuttavia si muove essenzialmente, sempre dichiarandolo, all’interno della nostra disciplina con il fine specifico di ricondurre questa relazione ad una lettura spaziale e geografica. Per fornire un quadro molto sintetico si possono menzionare Chris Philo, Gill Valentine, Sarah Holloway, John Horton e Peter Kraftl tra i principali autori di riferimento, senza trascurare la lezione sul luogo e sulle geografie del quotidiano di Y-Fu Tuan. Inoltre, più in generale il volume è debitore di altre posizioni teoriche e ideologiche tra loro distinte e, in parte, difficilmente conciliabili. In primo luogo l’attenzione alle condizioni materiali che favoriscono la costruzione delle geografie private dei bambini e delle bambine si lega all’impianto socio-materialista, soprattutto a Henri Lefebvre per quanto riguarda i concetti di “diritto alla città” e di “produzione dello spazio”, qui declinati come diritto a partecipare e agire nei luoghi del quotidiano e, allo stesso tempo (qui la difficoltà nel conciliarle è evidente), alla critica anti- autoritaria mossa da Colin Ward. In secondo luogo si fa riferimento alla prospettiva “più che rappresentazionale” proposta da Hayden Lorimer, che, riletta in modo funzionale all’oggetto di studio, supera l’approccio proposto da Nigel Thrift nella sua celebre “teoria non- rappresentazionale”. Il volume si compone di tre capitoli. Nel primo viene presentato il quadro teorico della geografia dei bambini, con alcuni riferimenti alla sociologia dell’infanzia e al paradigma dei “meno-che- adulti” (Valentine 2000). Nel secondo ci si occupa dei temi portanti della geografia dei bambini e soprattutto di alcune questioni socio-politiche (esclusione, partecipazione e cittadinanza) che 2 consentono di leggere criticamente la relazione tra infanzia e spazio pubblico. Infine ci si concentra sui luoghi dell’infanzia e sui meccanismi di costruzione delle geografie personali, con un particolare riferimento alla scuola come attore socio-politico e alla “geografia della casa”. Il volume assume la forma di un manuale e mira a fornire un quadro di riferimento, introduttivo ma anche aggiornato, che agevoli l’avvicinamento ad un ambito di ricerca che in Europa ha assunto un’importanza maggiore rispetto a quanto avvenuto nella geografia italiana. Inoltre si mostreranno le differenze, ma anche l’integrazione, con il campo di studi più affine, la ricerca sulla didattica della geografia che, al contrario, è molto sviluppata all’interno della geografia nazionale.
Malatesta, S. (2015). Geografia dei bambini, luoghi, pratiche e rappresentazioni. Guerini Scientifica.
Geografia dei bambini, luoghi, pratiche e rappresentazioni
MALATESTA, STEFANOPrimo
2015
Abstract
Nel 1979, nel suo celebre libro The Child in the City, Colin Ward proponeva una lettura anti- autoritaria del controllo esercitato da parte del mondo “adulto” sugli spazi urbani. La sua riflessione ha costituito un momento chiave per l’analisi della relazione tra infanzia e spazio pubblico all’interno delle scienze sociali. Nel 2000 le geografe Sarah Holloway e Gill Valentine pubblicavano il primo manuale specificamente dedicato ai luoghi della “geografia dei bambini”. Proprio i luoghi del quotidiano, da una parte, e lo spazio pubblico, dall’altra, sono gli assi tematici sui quali, da ormai quasi vent’anni, si regge la riflessione teorica di quel campo di analisi spaziale conosciuto come Children’s Geography. Questo binomio, infatti, consente di mettere a fuoco due oggetti di studio fondamentali: da una parte le pratiche e le rappresentazioni che compongono le geografie del quotidiano, appunto i luoghi, e dall’altra i meccanismi che delegittimano i bambini e le bambine come attori socio-spaziali (Reynaud 1984). Si tratta di due temi legati al più ampio quadro epistemologico della geografia culturale contemporanea, il che giustifica, in qualche modo, il posizionamento della geografia dei bambini all’interno della “nuova geografia culturale” (Bonazzi 2010). La geografia anglosassone, soprattutto di matrice britannica, ha prodotto una significativa quantità di studi di caso dedicati alla Children’s Geography, oltre a diversi saggi e manuali che hanno contribuito, all’interno di quel contesto culturale e scientifico, a tracciare una distanza rispetto alle ricerche sulla didattica della geografia, ovvero lo spazio disciplinare più affine. Questo volume si inserisce all’interno di questo impianto teorico, infatti l’obiettivo centrale è proporre un quadro di riferimento in lingua italiana che presenti le tematiche e i campi di studio della “geografia dei bambini”. La relazione tra spazio e infanzia è un oggetto di studio fortemente pluridisciplinare. La riflessione qui sviluppata non trascura questa premessa, tuttavia si muove essenzialmente, sempre dichiarandolo, all’interno della nostra disciplina con il fine specifico di ricondurre questa relazione ad una lettura spaziale e geografica. Per fornire un quadro molto sintetico si possono menzionare Chris Philo, Gill Valentine, Sarah Holloway, John Horton e Peter Kraftl tra i principali autori di riferimento, senza trascurare la lezione sul luogo e sulle geografie del quotidiano di Y-Fu Tuan. Inoltre, più in generale il volume è debitore di altre posizioni teoriche e ideologiche tra loro distinte e, in parte, difficilmente conciliabili. In primo luogo l’attenzione alle condizioni materiali che favoriscono la costruzione delle geografie private dei bambini e delle bambine si lega all’impianto socio-materialista, soprattutto a Henri Lefebvre per quanto riguarda i concetti di “diritto alla città” e di “produzione dello spazio”, qui declinati come diritto a partecipare e agire nei luoghi del quotidiano e, allo stesso tempo (qui la difficoltà nel conciliarle è evidente), alla critica anti- autoritaria mossa da Colin Ward. In secondo luogo si fa riferimento alla prospettiva “più che rappresentazionale” proposta da Hayden Lorimer, che, riletta in modo funzionale all’oggetto di studio, supera l’approccio proposto da Nigel Thrift nella sua celebre “teoria non- rappresentazionale”. Il volume si compone di tre capitoli. Nel primo viene presentato il quadro teorico della geografia dei bambini, con alcuni riferimenti alla sociologia dell’infanzia e al paradigma dei “meno-che- adulti” (Valentine 2000). Nel secondo ci si occupa dei temi portanti della geografia dei bambini e soprattutto di alcune questioni socio-politiche (esclusione, partecipazione e cittadinanza) che 2 consentono di leggere criticamente la relazione tra infanzia e spazio pubblico. Infine ci si concentra sui luoghi dell’infanzia e sui meccanismi di costruzione delle geografie personali, con un particolare riferimento alla scuola come attore socio-politico e alla “geografia della casa”. Il volume assume la forma di un manuale e mira a fornire un quadro di riferimento, introduttivo ma anche aggiornato, che agevoli l’avvicinamento ad un ambito di ricerca che in Europa ha assunto un’importanza maggiore rispetto a quanto avvenuto nella geografia italiana. Inoltre si mostreranno le differenze, ma anche l’integrazione, con il campo di studi più affine, la ricerca sulla didattica della geografia che, al contrario, è molto sviluppata all’interno della geografia nazionale.File | Dimensione | Formato | |
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