Questo volume raccoglie i risultati di alcuni studi che ho condotto negli ultimi anni assieme al mio gruppo nel corso del Dottorato in “Ipertensione e Prevenzione del rischio cardiovascolare”. L’argomento che più abbiamo approfondito è stato il comportamento della pressione arteriosa durante esposizione di soggetti sani all’ipossia ipobarica d’alta quota. La medicina d’alta quota consente, come descritto nel capitolo 1 di questa tesi, di chiarire i meccanismi fisiopatologici alla base delle problematiche dei pazienti che spesso vediamo giornalmente nelle nostre Unità Coronariche o nei nostri ambulatori dello scompenso cardiaco o dell’ ipertensione. Portare un soggetto sano in alta quota permette, senza problemi dal punto di vista etico e senza interferenze da parte di comorbidità, di studiare l’effetto finale dell’ipossiemia sul sistema cardiovascolare e consente inoltre di studiare possibili interventi terapeutici. In questo contesto l’attività del nostro gruppo si è concentrata sullo studio della pressione arteriosa monitorata nelle 24 ore, del bilancio autonomico e, ultimamente, del comportamento delle proprietà elastiche delle arterie durante esposizione ad ipossia. Negli ultimi due anni, la mia attenzione nell’ambito dello studio dell’ipertensione arteriosa si è concentrata sull’utilizzo della valutazione della “stiffness” arteriosa mediante diverse metodiche (presentate nel capitolo 2) e sugli aspetti metodologici corretti che consentano di ottenere valori che siano realmente “affidabili”. La pressione arteriosa è per la maggior parte dei cardiologi un numero, spesso un valore approssimativamente misurato in modo più o meno accurato nell’ambito di una visita durante la quale l’interesse maggiore è andare alla ricerca di segni e sintomi di una cardiopatia organica. In questi anni ho imparato l’importanza di una corretta misurazione dei valori pressori; tutto quello che ho appreso e che cerco di trasmettere anche ai pazienti è riassunto nelle Linee Guida della misurazione domiciliare della pressione arteriosa pubblicate nel 2008 e, più recentemente, nel documento delle linee guida pratiche indirizzate specificatamente a pazienti e medici di medicina generale. Anche in alta quota la misurazione della pressione arteriosa è importante, basti pensare che ogni anno milioni di persone si recano in montagna per turismo, lavoro o sport e che intere città e zone del mondo (in particolare quella andina, tibetana o indiana), ove la prevalenza dell’ipertensione è alta, sono situate a quote superiori a 2500 m s.l.m. E’ evidente che la valutazione della pressione arteriosa in alta quota è importante sia per la gestione dell’ipertensione nei nativi così come degli ipertesi che vivono a bassa quota ma che si recano in montagna. Nel capitolo 2 è anche riassunto il risultato di un piccolo studio sull’affidabilità dei diversi tipi di misurazione di pressione in alta quota. Il capitolo 3 invece riporta i risultati di alcuni degli studi condotti nel 2006 sul Monte Rosa e introduce l’ultimo capitolo in cui viene presentato il progetto HIGHCARE, ed in particolare i sottoprogetti ABPM e “arterial stiffness”, e dove sono sintetizzati alcuni possibili meccanismi che stanno alla base delle variazioni del profilo pressorio delle 24 ore e della pulse wave velocity.
(2010). Effetti dell'ipossia ipobarica in alta quota sulla pressione arteriosa e sui suoi meccanismi di regolazione. (Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2010).
Effetti dell'ipossia ipobarica in alta quota sulla pressione arteriosa e sui suoi meccanismi di regolazione
REVERA, MIRIAM
2010
Abstract
Questo volume raccoglie i risultati di alcuni studi che ho condotto negli ultimi anni assieme al mio gruppo nel corso del Dottorato in “Ipertensione e Prevenzione del rischio cardiovascolare”. L’argomento che più abbiamo approfondito è stato il comportamento della pressione arteriosa durante esposizione di soggetti sani all’ipossia ipobarica d’alta quota. La medicina d’alta quota consente, come descritto nel capitolo 1 di questa tesi, di chiarire i meccanismi fisiopatologici alla base delle problematiche dei pazienti che spesso vediamo giornalmente nelle nostre Unità Coronariche o nei nostri ambulatori dello scompenso cardiaco o dell’ ipertensione. Portare un soggetto sano in alta quota permette, senza problemi dal punto di vista etico e senza interferenze da parte di comorbidità, di studiare l’effetto finale dell’ipossiemia sul sistema cardiovascolare e consente inoltre di studiare possibili interventi terapeutici. In questo contesto l’attività del nostro gruppo si è concentrata sullo studio della pressione arteriosa monitorata nelle 24 ore, del bilancio autonomico e, ultimamente, del comportamento delle proprietà elastiche delle arterie durante esposizione ad ipossia. Negli ultimi due anni, la mia attenzione nell’ambito dello studio dell’ipertensione arteriosa si è concentrata sull’utilizzo della valutazione della “stiffness” arteriosa mediante diverse metodiche (presentate nel capitolo 2) e sugli aspetti metodologici corretti che consentano di ottenere valori che siano realmente “affidabili”. La pressione arteriosa è per la maggior parte dei cardiologi un numero, spesso un valore approssimativamente misurato in modo più o meno accurato nell’ambito di una visita durante la quale l’interesse maggiore è andare alla ricerca di segni e sintomi di una cardiopatia organica. In questi anni ho imparato l’importanza di una corretta misurazione dei valori pressori; tutto quello che ho appreso e che cerco di trasmettere anche ai pazienti è riassunto nelle Linee Guida della misurazione domiciliare della pressione arteriosa pubblicate nel 2008 e, più recentemente, nel documento delle linee guida pratiche indirizzate specificatamente a pazienti e medici di medicina generale. Anche in alta quota la misurazione della pressione arteriosa è importante, basti pensare che ogni anno milioni di persone si recano in montagna per turismo, lavoro o sport e che intere città e zone del mondo (in particolare quella andina, tibetana o indiana), ove la prevalenza dell’ipertensione è alta, sono situate a quote superiori a 2500 m s.l.m. E’ evidente che la valutazione della pressione arteriosa in alta quota è importante sia per la gestione dell’ipertensione nei nativi così come degli ipertesi che vivono a bassa quota ma che si recano in montagna. Nel capitolo 2 è anche riassunto il risultato di un piccolo studio sull’affidabilità dei diversi tipi di misurazione di pressione in alta quota. Il capitolo 3 invece riporta i risultati di alcuni degli studi condotti nel 2006 sul Monte Rosa e introduce l’ultimo capitolo in cui viene presentato il progetto HIGHCARE, ed in particolare i sottoprogetti ABPM e “arterial stiffness”, e dove sono sintetizzati alcuni possibili meccanismi che stanno alla base delle variazioni del profilo pressorio delle 24 ore e della pulse wave velocity.File | Dimensione | Formato | |
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