Il volume prende in esame sotto il profilo storico-giuridico il tema della rilevanza delle prove legali e del libero convincimento dei giudici nel processo penale agli albori dell’età della codificazione, focalizzando in particolare l’attenzione sulla teoria della prova legale negativa e sugli esiti a cui portò la sua recezione sul piano normativo avvenuta in diversi Stati europei a cavallo fra il XVIII e il XIX secolo. La disamina di alcuni casi giurisprudenziali relativi all’amministrazione della giustizia penale nel Regno Lombardo-Veneto, in cui i giudici del Senato del Supremo Tribunale di Giustizia di Verona furono chiamati ad affrontare il problema di come procedere all’acquisizione e alla valutazione dei riscontri probatori acquisiti in giudizio, è lo spunto per delineare un’approfondita ricostruzione delle riflessioni che indussero alcuni fra i più autorevoli esponenti della scienza giuridica europea a credere nella possibilità di coniugare i due diversi criteri della certezza legale e di quella morale. Muovendo dall’analisi della crisi che investì sul finire del Settecento il modello processuale inquisitorio nonché il sistema delle prove legali del tardo diritto comune, e che spinse il legislatore della Francia rivoluzionaria ad adottare in loro vece un rito di natura mista e bifasica incentrato sul principio del libero convincimento delle giurie, si ricostruisce quale fosse all’inizio del secolo decimonono lo stato del dibattito dottrinale concernente i modi e i mezzi con cui giungere all’accertamento della verità nei processi penali, e quali fossero di conseguenza le contrapposte argomentazioni addotte dai fautori delle vecchie prove legali e del nuovo dogma della certezza morale dei giurati. Fu infatti proprio in tale contesto che maturò ad opera di giuristi come Filangieri, Pagano, Feuerbach e Mittermaier la proposta di seguire una terza via in grado di coniugare vecchie e nuove metodologie di valutazione dei dati emersi in sede processuale, consentendo così ai tribunali di deliberare sulla base di elementi che fossero non solo conformi a dei precisi canoni prefissati in via normativa ma anche tali da ingenerare nell’animo dei giudicanti una piena e libera convinzione in merito alla colpevolezza/innocenza degli imputati. Dopo aver evidenziato come la teoria della prova legale negativa ebbe modo di riscuotere numerosi consensi fra i giuristi della prima metà dell’Ottocento, si segue un percorso che porta a prendere in esame le scelte di politica legislativa assunte in quei paesi del continente (Olanda, Berna, Lucerna, Württemberg, Baden, Austria) dove si decise di dare attuazione pratica a una sistematica delle prove che imponesse ai magistrati di professione di considerare l’esistenza di riscontri probatori conformi ai requisiti predefiniti ex lege come una condizione necessaria ma non sufficiente per pronunciare una sentenza di condanna in assenza di un contestuale convincimento soggettivo in merito alla responsabilità dell’accusato. Oggetto di ulteriori considerazioni sono poi i problemi sorti nel dare applicazione concreta a una simile teorica, e le ragioni che portarono infine al ripudio di ogni forma di predeterminazione del valore legale dei riscontri probatori e al conseguente trionfo del principio del libero convincimento degli organi giudicanti (togati o laici che fossero).

Rondini, P. (2012). Ex sententia animi tui. La prova legale negativa nell'età della codificazione. Milano : Giuffrè.

Ex sententia animi tui. La prova legale negativa nell'età della codificazione

RONDINI, PAOLO
2012

Abstract

Il volume prende in esame sotto il profilo storico-giuridico il tema della rilevanza delle prove legali e del libero convincimento dei giudici nel processo penale agli albori dell’età della codificazione, focalizzando in particolare l’attenzione sulla teoria della prova legale negativa e sugli esiti a cui portò la sua recezione sul piano normativo avvenuta in diversi Stati europei a cavallo fra il XVIII e il XIX secolo. La disamina di alcuni casi giurisprudenziali relativi all’amministrazione della giustizia penale nel Regno Lombardo-Veneto, in cui i giudici del Senato del Supremo Tribunale di Giustizia di Verona furono chiamati ad affrontare il problema di come procedere all’acquisizione e alla valutazione dei riscontri probatori acquisiti in giudizio, è lo spunto per delineare un’approfondita ricostruzione delle riflessioni che indussero alcuni fra i più autorevoli esponenti della scienza giuridica europea a credere nella possibilità di coniugare i due diversi criteri della certezza legale e di quella morale. Muovendo dall’analisi della crisi che investì sul finire del Settecento il modello processuale inquisitorio nonché il sistema delle prove legali del tardo diritto comune, e che spinse il legislatore della Francia rivoluzionaria ad adottare in loro vece un rito di natura mista e bifasica incentrato sul principio del libero convincimento delle giurie, si ricostruisce quale fosse all’inizio del secolo decimonono lo stato del dibattito dottrinale concernente i modi e i mezzi con cui giungere all’accertamento della verità nei processi penali, e quali fossero di conseguenza le contrapposte argomentazioni addotte dai fautori delle vecchie prove legali e del nuovo dogma della certezza morale dei giurati. Fu infatti proprio in tale contesto che maturò ad opera di giuristi come Filangieri, Pagano, Feuerbach e Mittermaier la proposta di seguire una terza via in grado di coniugare vecchie e nuove metodologie di valutazione dei dati emersi in sede processuale, consentendo così ai tribunali di deliberare sulla base di elementi che fossero non solo conformi a dei precisi canoni prefissati in via normativa ma anche tali da ingenerare nell’animo dei giudicanti una piena e libera convinzione in merito alla colpevolezza/innocenza degli imputati. Dopo aver evidenziato come la teoria della prova legale negativa ebbe modo di riscuotere numerosi consensi fra i giuristi della prima metà dell’Ottocento, si segue un percorso che porta a prendere in esame le scelte di politica legislativa assunte in quei paesi del continente (Olanda, Berna, Lucerna, Württemberg, Baden, Austria) dove si decise di dare attuazione pratica a una sistematica delle prove che imponesse ai magistrati di professione di considerare l’esistenza di riscontri probatori conformi ai requisiti predefiniti ex lege come una condizione necessaria ma non sufficiente per pronunciare una sentenza di condanna in assenza di un contestuale convincimento soggettivo in merito alla responsabilità dell’accusato. Oggetto di ulteriori considerazioni sono poi i problemi sorti nel dare applicazione concreta a una simile teorica, e le ragioni che portarono infine al ripudio di ogni forma di predeterminazione del valore legale dei riscontri probatori e al conseguente trionfo del principio del libero convincimento degli organi giudicanti (togati o laici che fossero).
Monografia o trattato scientifico - Monografia di Ricerca - Prima edizione
History of law; criminal trial; proof
Storia del diritto; processo penale; prove
Italian
2012
88-14-17532-2
391
Rondini, P. (2012). Ex sententia animi tui. La prova legale negativa nell'età della codificazione. Milano : Giuffrè.
none
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