Nell’attuale contesto storico-sociale in cui il fattore comunicativo e l’urgenza della trasmissione delle informazioni diventano elementi fondativi, si parla sempre più spesso di società delle immagini. Tutto sembra essere diventato immagine e informazione ed i tradizionali mass-media, così come quelli introdotti dalla nuova rivoluzione tele-matica, conducono ad una dimensione sempre più visiva delle forme di comunicazione. Tuttavia ancora adesso è difficile dire che cosa sia la comunicazione visiva, anzi “le” comunicazioni visive. Usare il plurale è necessario poiché implica l’idea del confluire di innumerevoli fattori, di aree eso/endodisciplinari, di diverse figure professionali, di plurimi interessi di ricerca, ecc. in una disciplina che non può essere intesa come un singolo fenomeno, nè come somma, ma piuttosto come lettura trasversale di più fenomeni complessi. Esistono singoli contributi, le cosidette Storie che raccontano, per lo più in chiave diacronica, l’evoluzione della grafica, della tipografia, dell’illustrazione, della pubblicità, etc.. Da queste emerge un apparato disciplinare storico e critico consolidato ed esauriente per i singoli ambiti, ma incompleto qualora li si volesse ricondurre ad una visione gobale. Quest’ultima porrebbe realmente le basi per una fondazione disciplinare esaustiva delle comunicazioni visive fornendo un metodo di indagine e di valutazione, un apparato definitorio che consentono di delineare una sintesi: non più una storia, ma la Storia La necessità di capire cosa siano le comunicazioni visive è particolarmente urgente, ora, in un’epoca in cui il fare comunicazione è portato alle sue estreme conseguenze, e per contro c‘è una scarsa riflessione su questa dimensione progettuale che denota una mancata presa di coscienza del valore della cultura del progetto. In una fase di transizione in cui ai media tradizionali si affiancano nuovi media sempre più tecnologicamente sofisticati, non si può demandare ad altre figure professionali (spesso con competenze e sensibilità molto diverse e lontane) la definizione dei nuovi linguaggi e delle nuove tipologie di artefatti comunicativi. D’altro canto non ci può semplicemente essere un travaso di cultura da ambiti che hanno raggiunto una loro maturità verso quelli più recenti ed innovativi: bisogna piuttosto inventare una nuova cultura della comunicazione. (Ri)fondare ora le comunicazioni visive come disciplina, significa avere la consapevolezza del valore e dell’importanza di questa nuova cultura. È allora necessario operare una riflessione epistemologica, che permetta di conoscere l’essenza, gli ambiti ed i confini, che, pur nell’attuale relativismo del pensiero scientifico, permetta di identificare e definire l’oggetto di tale riflessione, sia nell’ambito della teoria che della sperimentazione progettuale. Per fare questo bisogna dotarsi di strumenti di ricerca adeguati: bisogna innanzi tutto definire e condividere i termini stessi che descrivono le diverse anime, professioni, competenze, tecnologie, artefatti comunicativi, etc. e il mezzo più adeguato per esprimere questa complessità di fenomeni coesistenti ed interrelati sembrerebbe essere una mappa, cioè una rappesentazione spaziale e sincronica che permetta di comprendere nelle loro sovrapposizioni, contiguità, etc. le relazioni tra i diversi ambiti rendendoli interpretabili secondo logiche di lettura e punti di vista diversi secondo un criterio di trasversalità essenziale per la natura stessa della disciplina. Infine una bibliografia che come un vocabolario è uno strumento in fieri che plasma, supporta la ricerca crescendo con essa.

Bollini, L. (1998). Comunicazioni visive: una questione di definizione. LINEA GRAFICA, 3, 20-21.

Comunicazioni visive: una questione di definizione

BOLLINI, LETIZIA
1998

Abstract

Nell’attuale contesto storico-sociale in cui il fattore comunicativo e l’urgenza della trasmissione delle informazioni diventano elementi fondativi, si parla sempre più spesso di società delle immagini. Tutto sembra essere diventato immagine e informazione ed i tradizionali mass-media, così come quelli introdotti dalla nuova rivoluzione tele-matica, conducono ad una dimensione sempre più visiva delle forme di comunicazione. Tuttavia ancora adesso è difficile dire che cosa sia la comunicazione visiva, anzi “le” comunicazioni visive. Usare il plurale è necessario poiché implica l’idea del confluire di innumerevoli fattori, di aree eso/endodisciplinari, di diverse figure professionali, di plurimi interessi di ricerca, ecc. in una disciplina che non può essere intesa come un singolo fenomeno, nè come somma, ma piuttosto come lettura trasversale di più fenomeni complessi. Esistono singoli contributi, le cosidette Storie che raccontano, per lo più in chiave diacronica, l’evoluzione della grafica, della tipografia, dell’illustrazione, della pubblicità, etc.. Da queste emerge un apparato disciplinare storico e critico consolidato ed esauriente per i singoli ambiti, ma incompleto qualora li si volesse ricondurre ad una visione gobale. Quest’ultima porrebbe realmente le basi per una fondazione disciplinare esaustiva delle comunicazioni visive fornendo un metodo di indagine e di valutazione, un apparato definitorio che consentono di delineare una sintesi: non più una storia, ma la Storia La necessità di capire cosa siano le comunicazioni visive è particolarmente urgente, ora, in un’epoca in cui il fare comunicazione è portato alle sue estreme conseguenze, e per contro c‘è una scarsa riflessione su questa dimensione progettuale che denota una mancata presa di coscienza del valore della cultura del progetto. In una fase di transizione in cui ai media tradizionali si affiancano nuovi media sempre più tecnologicamente sofisticati, non si può demandare ad altre figure professionali (spesso con competenze e sensibilità molto diverse e lontane) la definizione dei nuovi linguaggi e delle nuove tipologie di artefatti comunicativi. D’altro canto non ci può semplicemente essere un travaso di cultura da ambiti che hanno raggiunto una loro maturità verso quelli più recenti ed innovativi: bisogna piuttosto inventare una nuova cultura della comunicazione. (Ri)fondare ora le comunicazioni visive come disciplina, significa avere la consapevolezza del valore e dell’importanza di questa nuova cultura. È allora necessario operare una riflessione epistemologica, che permetta di conoscere l’essenza, gli ambiti ed i confini, che, pur nell’attuale relativismo del pensiero scientifico, permetta di identificare e definire l’oggetto di tale riflessione, sia nell’ambito della teoria che della sperimentazione progettuale. Per fare questo bisogna dotarsi di strumenti di ricerca adeguati: bisogna innanzi tutto definire e condividere i termini stessi che descrivono le diverse anime, professioni, competenze, tecnologie, artefatti comunicativi, etc. e il mezzo più adeguato per esprimere questa complessità di fenomeni coesistenti ed interrelati sembrerebbe essere una mappa, cioè una rappesentazione spaziale e sincronica che permetta di comprendere nelle loro sovrapposizioni, contiguità, etc. le relazioni tra i diversi ambiti rendendoli interpretabili secondo logiche di lettura e punti di vista diversi secondo un criterio di trasversalità essenziale per la natura stessa della disciplina. Infine una bibliografia che come un vocabolario è uno strumento in fieri che plasma, supporta la ricerca crescendo con essa.
Articolo in rivista - Articolo scientifico
Visual design, visual design theory, visual design philosophy
English
Italian
mag-1998
3
20
21
none
Bollini, L. (1998). Comunicazioni visive: una questione di definizione. LINEA GRAFICA, 3, 20-21.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10281/10846
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